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Cuba – Giugno 2009

La prima volta che vediamo la casa nuova mi sento svenire.
Intanto si trova in un solar. I solares sono agglomerati di case che prima erano probabilmente unite in una costruzione unica. Con la vittoria della Rivoluzione, tutte le grandi ville delle famiglie ricche e potenti furono requisite e donate alla gente. L’inesperienza del Nuovo Governo Rivoluzionario, assieme al populismo, fecerò però enormi danni al patrimonio architettonico cubano: molte costruzioni, nella mancanza di una legge urbanistica che desse le linee giuda, vennero smembrate e divennero appartamenti improbabili che non rispettavano neanche le più elementari norme di igiene, sicurezza e vivibilità. Gli anni non fecero che peggiorare uleriormente la situazione: appartamenti senza muri maestri che cadevano al primo acquazzone, stanze nelle quali vivano famiglie di oltre 6 persone, senza finestre, o entrate indipendenti.
Questo è un solar.

Per arrivare all’appartamento dobbiamo entrare in uno strettissimo corridoio in pietra impregnato di odore di urina. Nel centro del solar si affacciano tre minuscoli appartamenti, così piccoli che quando il signore che vive sotto di noi si stende sul divanetto davanti alla tv, deve tirare le gambe fuori dalla porta dall’altezza del ginocchio in giù.
Nel mezzo del solar c’è la tipica scala, anche quella in pietra, che passa per altri due appartamenti prima di arrivare al nostro.

La porta di entrata dà su una saletta tenuta bene, ridipinta e senza crepe. Incoraggiante! Tutto cambia dalla stanza da letto in poi! La stanza, senza finestre, è piena di crepe che mi sembrano aprirsi a vista d’occhio. Su un angolo del soffitto c’è un buco tappato con degli stracci.
“Fin’ora sono riuscito a sistemare solo la prima sala. Con il vostro aiuto il resto dei lavori sarà più facile” ci dice il padre di Ricardo guardandosi intorno fiducioso. E’ possibile che siamo su una porta spazio-temporale che ci stia mostrando due universi paralleli totalmente diversi tra loro? Non può essere che stiamo guardando la stessa stanza, penso notando la sua espressione e la mia in uno specchio pieno di macchie davanti a noi.

Sul fondo dell’appartamento ci sono il bagno (a sinistra) e la cucina (a destra). Le stanze non sono stanze, ma sono strice così sottili, che la doccia è direttamente sul water, e non c’è spazio per il rubinetto. Nessuna stanza ha porte. Comincia a mancarmi l’aria.
La cucina è sottile quanto il bagno. Per cucinare con il cucinotto di quelli portabili a 2 fuochi bisogna stare con le spalle al muro…letteralmente. Il lavandino concede un po’ più di margine perché sta proprio sulla porta, quindi si possono lavare i piatti stando in realtà nella stanza da letto.

Quando provo ad aprire il rubinetto il padre di Ricardo si precipita verso di me e mi ferma.
“Questa è la prossima cosa che devo fare!”
Lo guardo incerta…a cosa si riferisce? Poi noto che il lavandino non ha i tubi di scarico. Cioè l’acqua che entra nel lavandino finisce direttamente a terra. Quindi dobbiamo tenere un secchio sotto il buco per racogliere l’acqua di scarico.
Il padre di Ricardo mi fa l’occhiolino e mi dice in tono scherzoso “Ma tanto lo scarico del bagno non funziona, quindi dovevate comunque scaricarci l’acqua dentro!”

A me, è passata la voglia di ridere.