L’altro ieri la notizia di una mega rissa nel Parlamento Venezuelano ha fatto un timido capolino su qualche giornale italiano come una faccenda di folklore e costume e società, piuttosto che come un allarmante vicenda in grado di alterarela politica Latino Americana.
Due settimane fa in Venezuela si sono tenute le prime elezioni dopo la morte di Chavez, nelle quali il partito di Chavista ha vinto per un soffio dopo aver fatto condurre la campagna elettorale dal fantasma di Hugo Chavez, attraverso riproduzioni, fotomontaggi, e addirittura storie al limite dell’assurdo e cartoni animati. Resterà nella storia della Geopolitica Mondiale il racconto di Maduro che narra di essere stato avicinato da un passerotto mentre stava pregando in una capella, e di aver cominciato a fischiettare assieme all’uccello che, giura essere stata l’incarnazione del defunto leader Bolivariano tornato in terra per incoraggiarlo a continuare la Rivoluzione.
Già durante il primo conteggio dei voti successivamente alle elezioni, in rete circolavano foto di militari che facevano sparire scatoloni di voti, e nonostante questo, Maduro avrebbe vinto solo con una manciata di preferenze. Come c’era da aspettarsi, il leader dell’opposiione, Capriles, ha immediatamente chiesto il riconteggio dei voti, ma tra un marameo e l’altro i Chavisti gli hanno risposto che la Patria non ha tempo da perdere: ci sono tonnellate di petrolio da vendere alla Cina, centinaia di medici da invitare da Cuba, e decine di indisturbate basi miltari da concedere all’Iran!
Così, l’opposizione ha deciso, per protesta, di non riconoscere il nuovo Governo finché non si riconteranno i voti. E così, l’ormai Governo, per protesta, ha deciso di menare i membri dell’opposizione in Parlamento (intendo proprio menarli dentro al Parlamento), così imparano come funziona la democrazia. Il tutto sotto gli occhi del Presidente dell’Assemblea, Cabello, ex favorito per la Presidenza del Governo, ma poi silurato da Maduro, che peraltro alla domanda del riconteggio ha democraticamente risposto “Quali voti?”
Cabello, ha quindi tolto il diritto di parola in aula all’opposizione finchè non deciderà di riconoscere il Governo. E alla protesta dell’opposizione che ha mostrato uno striscione di denuncia in Parlamento ha risposto autorizzando la “golpiza” e ridendosela di gusto nel godersi lo spettacolo (vi prego anche di notare la ferocia con la quale i Chavisti – alcuni dei quali chiaramente riconoscibili dalla tuta con i colori della bandiera – colpiscono i membri dell’opposizione)
E’ chiaro che questi Governi abituati a risolvere con la violenza qualsiasi tentativo di pensiero indipendente a volte confondono il dove e il quando. Ma si sa, le vecchie abitudini sono dure a morire.
Nel frattempo non ci resta che deliziarci con queste immagini così squisitamente esemplificative delle regole e dei valori democratici e guardare queste foto in cui membri dell’opposizione mostrano il prezzo della loro dignità.
Sì, si tratta decisamente di folklore latinoamericano che non ha nulla a che vedere con i valori più ampi come i Diritti Umani e la Libertà di Espressione.
Ai sostenitori di un Governo così democratico chiedo “E se succedesse a voi di essere picchiati per quello che pensate?”
Tre sono le cose che più chiaramente contraddistinguono i consumatori britannici: i Charity Shops, le Reductions e la Refund Policy.
I Charity Shops sono negozi gestiti da ONG che vendono a prezzi stracciati ogni tio di prodotto, da scarpe a vestiti, da CD a cose per la casa. Funzionano grazie alle donazioni delle persone che decidono di regalare cose in ottimo stato alle Organizzazioni, affinché vengano vendute. I proventi rimangono nelle casse dell’ONG, che li usa per finanziare le proprie azioni. Inutile dire che generano anche lavoro, perché ogni negozio ha di solito un Manager o un Assistant Manager pagati, mentre normalmente i commessi sono giovani volontari, magari universitari o addirittura liceali che vogliono fare qualcosa per il proprio territorio (cosa diffusissima!)
La pratica della reduction, invece, riguarda i supermercati, e consiste nel ridurre considerevolmente più volte al giorno i prezzi delle cose che stanno per scadere. Se per esempio un prodotto scade domani, da stamattina si comincerà a decurtare una percentuale dal suo prezzo, all’inizio minima, diciamo di pochi centesimi, e via via sempre più improtante, finché il prodotto, a fine giornata, non sarà arrivato a costare pochi centesimi (sempre ammesso che non l’abbia comprato prima qualcun altro). In questo modo si possono comprare cose che costavano anche 2 o 3 sterline a meno di 20 centesimi. Ovviamente bisogna avere un po’ di fortuna e fare un salto nel negozio più vicino tra le sette e le otto di sera per trovare i migliori affari! 😉
Infine c’è la Refund Policy, che è il meccanismo per il quale se tu compri qualcosa e poi scopri che in realtà non lo volevi, non solo puoi restituirlo (ovviamente in buono stato e scontrino alla mano) ma l’azienda ti deve restituire i soldi che hai pagato contanti e sonanti! Questo vale sia per una maglia, che per un letto, un paio di scarpe o un pacco di pasta! Normalmente hai da una a due settimane di tempo per farlo, ma mote imprese estendono il periodo di tempo addirittura ad un mese!
Tutte queste pratiche e buone abitudini fanno dei clienti britannici (dove per britannico intendo chiunque viva nel Regno Unito) consumatori protetti e consapevoli. Non tolgono dignità alle imprese, anzi, permettono loro di dialogare con i clienti e di rendere certe cose accessibili a una parte della popolazione che altrimenti non le comprerebbe. Queste politiche non comportano la morte delle imprese, anzi, le avvicinano ai loro clienti, e e stimolano il dibattito sull’efficienza.
Ma allora, se sono così funzionali e con buoni risultati, perché non esistono anche in Italia? Credo che la ragione principale sia che a Londra nessuno si vergogna di comprare le cose in Reduction o in Charity Shop. Anzi, se riesci ad ottenere un prezzo migliore, o un capo usato o un gadget per casa tua in un Charity Shop a poco prezzo sei cool. Se fai lo stesso in Italia, sei uno sfigato.
Non molto tempo fa, nell’articolo Cuba vieta il reggaetòn abbiamo parlato del divieto del Governo Cubano alla riproduzione di musica oscena e sessualmente esplicita, che aveva l’obiettivo di colpire il reggaeton, genere musicale molto in voga sull’isola e realmente responsabile di una trasmissione di messaggi degradanti per la società in generale e la donna in particolare.
In quel post io scrivevo come una misura di mera censura fosse insufficiente a risolvere un problema ormai diventato culturale. Il rischio di una simile azione sta nel pericolo che il reggaeton così censurato, si elevi diventando simbolo di una lotta civile, cosa nella quale non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che il messaggio del genere musicale è realmente sgradevole e degradante!
Ed infatti, pochi giorni dopo la proposta di censura, proprio Osmany Garcia, cantante principale del video dello scandalo “El Chupi Chupi” (video che aveva scatenato il dibattito sulla volgarità del genere), pubblica in youtube il suo nuovo video, in beffa del Governo Cubano, che non può neppure censurarne la riproduzione in pubblico perché la canzone non contiene elementi di volgarità, o almeno non espliciti.
Intanto i personaggi del video musicale non sono in carne ed ossa, ma sono cartoni animati. Ed il protagonista è proprio una caricatura di un bimbo dispettoso. La canzone dal ritmo orecchiabile e piacevole, parla di un bambino “Travieso” (dispettoso appunto), di nome el “Pipi” con una mamma bellissima e provocante, ma solo disegnata e quindi rispettosa del divieto cubano. Ovviamente la canzone è casta solo in apparenza, perché le allusioni sono molteplici, e tutte abbastanza evidenti! Osmany Garcia, infatti, quando si rivolge al “Pipi”, non parla di un bambino, ma allude al suo pene, che sarebbe travieso! Il ritornello che dice “No escupas Pipi che esto es falta de respeto” fa riferimento all’eiaculazione, e quindi all’atto sessuale, e le traviesure del bamibino, ad avventure in quel senso. Quindi gli elementi di volgarità ed oscenità ci sarebbero tutti, ma impossibili da censurare, perché non espliciti!
Inoltre, Osmany non si risparmia una frecciatina al Governo Cubano quando in una parte della canzone dice “Yo soy un niño bueno con mucha educación, hago la tarea y me gusta el reggaetón” (Sono un bravo bambino, con molta educazione, faccio i miei compiti e mi piace il reggaeton). Ma il punto che io ritengo più provocatorio è quello in cui racconta che la madre di “EL Pipi” lo manda all’estero per gestirlo meglio, e proprio fuori Cuba il bambino diventa il primo della classe, anche se continua ad ascoltare il reggaeton, che è un bambino di buon cuore, bisognava solo educarlo!: “(El Pipi) es un nino de buen corazòn, solo habìa que educarlo“. Insomma, il cantante riesce difendere in modo originale il suo genere musicale, rimandando le accuse al mittente ed alludendo al fatto che sia il Governo a non sapere educare i suoi giovani, il reggaetòn non c’entra nulla!
Come era prevedibile, la semplice minaccia di censura era totalmente inadeguata a risolvere il problema della perdita dei valori sociali a Cuba, di cui il reggaeton è solo interprete e non artefice. E per quanto al Governo Cubano piacerebbe poterlo fare, nessuna censura è mai stata in grado di evitare alle persone che vogliono esprimersi di farlo. L’essere umano che vuole parlare, troverà sempre il modo di comunicare, in un modo o nell’altro.
Per dirla con le parole di Osmay Garcia “Nunca amarres el caballo que naciò por estar suelto” (non legare mai il cavallo nato per stare sciolto).
Sul piano delle proposte elettorali, devo dire onestamente che non sono riuscita a cogliere esattamente tutti i programmi!
Rivoluzione Civile, per la formazione del proprio leader, propone un’ampia riforma della Giustizia e degli Interni, certamente auspicabile, ma è decisamente carente sul piano dell’economia e della politica estera.
Berlusconi si è caratterizzato per aver promesso 4 milioni di posti di lavori, che oltre al milione che aveva promesso la scorsa volta, rigorosamente non mantenuto, fanno 5, e così avremmo più lavoro che disoccupati. Ha anche promesso la restituzione della tassa sulla prima casa (IMU) che tutti i proprietari di immobili hanno dovuto pagare quest’anno. Chiaramente le sue sono promesse vuote e prive di qualsiasi fondamento, eppure è riuscito a rimontare di diversi punti nei sondaggi, promettendo di ripagare quei soldi alle casse dello Stato attraverso un accordo fiscale con la Svizzera contro l’evasione fiscale. Le autorità svizzere hanno però fatto sapere di non contare su di loro, perché se l’accordo dovesse farsi, cosa difficile, non entrerebbe comunque in vigore prima del 2016.
Il Movimento 5 Stelle ha idee buone e rivoluzionarie, e punta a ridurre i costi e la corruzione nella politica. Però suggerisce l’uscita dall’Euro e dall’UE come una possibile soluzione per la crisi. Personalmente ritengo i grillini, così si chiamano gli attivisti del Movimento, molto volenterosi ma di troppa poca esperienza per poter governare.
Grillo è recentemente arrivato a suggerire ad Al Quaeda di non bombardare in Mali, ma di farlo in Italia, fornendo ai terroristi l’esatta latitudine e longitudine del Parlamento italiano e il profilo facebook del Movimento mostra foto di manager picchiati a sangue nelle carceri statunitensi auspicando la stessa sorte alla classe dirigenziale e politica Italiana. Un po’ troppo per me e per qualsiasi sensibilità umana, soprattutto vista la propensione del nostro popolo a trovare ogni soluzione in una deriva populista e dittatoriale!
Fare per Fermare il Declino di Oscar Giannino invece si concentra su dieci proposte, tra cui lotta alla corruzione, lotta all’evasione, formazione per tutti e sussidio di disoccupazione. Giannino è passato dall’essere pressoché sconosciuto al quasi, stando agli ultimi sondaggi, 8% delle preferenze. Fare per Fermare il declino è sicuramente l’unico Partito di Destra credibile, e che ha ridato dignità alla destra italiana, rimasta evidentemente delusa da Berlusconi. Di Silvio Berlusconi Giannino ha detto “gli Italiani fanno quello che farebbe una donna che è stata tradita per oltre 18 anni di un uomo: non si fidano più!”
Poi c’è il Partito Democratico di Bersani, che si è legato a Vendola nelle primarie, ma che adesso ha bisogno di Monti per governare: siamo di nuovo nel solito pasticcio tutto di sinistra in cui i mini partitini tengono per le palle il Partito vincitore minacciando di farlo cadere se non vengono assecondati (E purtroppo sarà impossibile per Bersani assecondare Vendola e accontentare Monti!) Il PD ha sicuramente un programma politico più ampio e complesso, che parte dall‘emissione di titoli per finanziare i debiti che lo Stato ha con le piccole e medie imprese, dando loro un sospiro di sollievo, alla promessa di quote rosa nel Governo. Vuole in sostanza mantenere l’assetto delle riforme di Monti, ma dando loro un aspetto più equo e sociale, e si propone di conversare con i Sindacati dei lavoratori per trovare soluzioni comuni al problema della disoccupazione.
Infine c’è la Scelta Civica di Monti, che pure presenta un programma articolato e di ampio respiro. Particolarmente concentrato sui temi economici, propone misure volte a favorire l’impiego under 30 con la detassazione dei contratti ai giovani e alle donne, a perseguire una politica di parità di bilancio pur rimodulando la tassa sulla prima casa (diminuendola o esonerando le fasce economiche più deboli) ed impedendo un ulteriore aumento di un punto percentuale dell’Iva (la tassa sui beni) previsto per Luglio. E’ stato promotore di una semplificazione della burocrazia che comincia a dare i suoi primi frutti, e ha impedito l’aumento della tassa che gli aspiranti cittadini devono pagare per richiedere la cittadinanza (che è ferma a 200 euro). I suoi spot elettorali sono tutti incentrati sul rilancio dell’economia e il ritorno alla meritocrazia e alla premiazione dell’eccellenza. I suoi detrattori trovano impossibile il fatto che riesca a diminuire le tasse che ha lui stesso introdotto, ma lui ha più volte ribadito che la prima urgenza era quella di rimettere in parità il bilancio. Ora che ci è finalmente riuscito ci sarà spazio e modo per effettuare delle modifiche che assecondino aspetti più sociali. Mentre in Italia impervia la campagna elettorale a suon di scandali e rivendicazioni, Mario Monti ha ottenuto nel summit dell’UE ampie agevolazioni per l’Italia dopo 30 ore di trattative per il periodo 2014-2020, che includono 1,5 miliardi da spendere per le nostre zone più svantaggiate, soprattutto il Sud, oltre a 6 miliardi per gli Stati che hanno oltre il 25% di disoccupazione, tra cui, purtroppo anche l’Italia, oltre a un aumento per i fondi di coesione che riguarda tutte le aree più arretrate della zona UE, decretando la vittoria della linea della coesione contro quella dell’austerity, voluta invece dalla Germania e dall’Europa del Nord. Questo accordo deve però ancora essere sottoposto al voto del Parlamento Europeo. L’Italia non aveva mai ottenuto tanto da un summit UE, come molti leader dell’Unione hanno fatto notare elogiando il comportamento di Monti.
Io ho finito la mia panoramica, per ogni domanda o informazione vi prego di contattarmi e sarò felice di rispondervi! Allora, avete capito per chi voterò? 😉
In Ecuador mi capitava spesso di assaporare il momento in cui sarei tornata in Italia! Mi sono trovata molte volte a lottare con le Istituzioni, i Ministeri, gli uffici vari per il rilascio di questo o quel documento, sempre ostacolato dall’ignoranza dei funzionari. Il problema in quella parte del Mondo, infatti, sta proprio nella mancanza di formazione e di istruzione: il livello culturale generale è talmente basso che negli uffici, anche di altissimo rango, ci finisce gente che non sa scrivere bene, o che non ha avuto la minima esperienza in quel settore!
Qui in Italia è differente! Qui il problema non è la mancanza di cultura, o la mancanza di formazione (almeno non solamente), qui il problema è di attitudine alla vita e alla risoluzione dei problemi!
Vi faccio un esempio: ieri ho provato a farmi rilasciare due documenti simili: una lista dei movimenti del conto corrente da presentare in un’Ambasciata per la richiesta di un visto, prima in una Posta e poi in una Banca. Ovviamente, visto il fine, non poteva essere redatta in carta semplice, ma doveva avere una firma, un bollo, un’intestazione, qualsiasi cosa che ne confermasse l’autenticità.
Cominciamo con la Posta! Prendo il numerino che corrisponde ai titolari di conto corrente e dopo un’attesa di 10 minuti (non c’era molta gente!) arriva il mio turno! Mi avvicino allo sportello, e mi serve una tal Daniela. Occhiali come il fondo di una bottiglia, capelli corti e cicciottella, però sorridente! Mi sento fiduciosa!
– “Buongiorno!” – Driiiin driiin (le squilla il cellulare) “Scusi devo proprio rispondere!” Mi dice lei afferrando il cellulare e sparendo dietro le porte degli uffici amministrativi…resto un po’ interdetta e non riesco a non pensare ai Soliti Idioti e alla frase “Dicaaa…un attimo e sono sssubito da lei!!!”
Dieci minuti dopo ritorna e mi dice “Dica!” Trattengo a stento una risata e le indico che mi serve la lista movimenti. Me la stampa subito in un foglio semplice senza logo delle poste, senza timbri. Allora le faccio notare
– “Sì però il problema è che mi servirebbe da presentare in un’Ambasciata, e questo foglio così me lo potrei fare anche io al computer e mettere che ho 10 mila euro di saldo!” – “Nooooo” mi dice subito, poi avvicina la faccia grassottella al vetro, mi guarda bene e mi dice “Davvero potrebbe farlo?”
Prima che le vengano strane idee, cerco di riportare la sua attenzione sul mio documento!
– “Guardi mi basterebbe anche solo che lei mettesse almeno il logo delle Poste” – “No non si può fare!” – “Come no, è semplicissimo, lo stampa in carta intestata ed è fatta!” – “No scherza?!? Non possiamo usare la carta intestata!” grrrrrrrrr……. – “Ah beh, allora mi redige un documento…non è una cosa dell’altro mondo…” – “Per noi sì! Per noi redigere un documento è una cosa dell’altro mondo! Lo dovrebbe richiedere agli uffici centrali di Roma, che visto il parere del Papa e del Presidente della Repubblica e del Consiglio decideranno se concederglielo. Ma visto che ci sono le elezioni dovrebbe aspettare a maggio….ce l’ha un po’ di tempo????” Dice agitando la mano di fronte alla faccia con un gesto che mi sa tanto di hai voglia a’ aspettà! – “Va bene senta, questo mi serve per un visto, perciò per favore cerchi di aiutarmi!”
Sparisce di nuovo negli uffici amministrativi, e quando sto per andarmene stufa di aspettare, torna con la mia lista movimenti, con tanto di logo, timbro e firma! MITICA!
Round 2: la Banca!
Entro nella mia Banca, e come sempre, mi sento a disagio! Mi serve una ragazza magra, alta, mora, truccata e vestita di tutto punto e rigorosamente in nero, con le scarpe lucide e tacco 12 cm. Mi guardo intorno e sono tutti vestiti di nero…avevo capito che per le Banche era un periodaccio, ma questo è un funerale! Tra l’altro mi ha sempre colpito come più la filiale è di provincia, e più i lavoratori si vestono bene…come a volersi distinguere o elevare dalla realtà in cui vivono!
Comunque alla simpatica mora chiedo lo stesso documento
– “Non esiste” mi risponde secca come se le avessi chiesto la cosa più stupida del mondo – “Ehm, no guardi me l’hanno appena fatto in Posta, mi servirebbe la stessa cosa!” – “Dunque, questo documento è illegale, perché per mettere quel bollo noi dobbiamo chiamare il responsabile legale che vada a prestare giuramento di autenticità in Prefettura, saltando su una gamba sola, con un dito nell’orecchio mentre canta We are the Champions al contrario!” – “Ok, allora non avete qualcosa di meno difficile da produrre che possa aiutarmi? Un estratto conto, o una lista movimenti semplice, ma almeno con il logo della Banca?” – “Allora, estratto conto e lista movimenti sono la stessa cosa! Ma la lista movimenti non ha loghi né firme, mentre l’estratto conto con l’indicazione dei movimenti si produce ogni trimestre, quindi torni a fine marzo!”
Torno a casa sconsolata…mi metto davanti al mio computer ed entro nel sito della mia Banca per cercare di farmi un po’ di cultura sulla terminologia tecnica da poter sbattere in faccia alla prossima addetta alle sportello. Vado nella sezione documenti, e lì trovo, illuminato da una luce divina “Lista movimenti”. Entro, metto le date che mi servono, e mi si apre uno splendido PDF, proprio quello che cercavo! Allora esiste brutta antipatica!
Io ho lavorato per qualche anno nelle vendite e nella mia esperienza ho capito che un buon venditore non è quello che vende semplicemente di più, ma è quello che riesce a capire cosa vuole il cliente, e che gli va incontro risolvendogli il maggior numero di problemi. Forse la gente è così arrabbiata con le Banche in Italia non solo perché hanno lucrato sui risparmi altrui nella più totale mancanza di rispetto verso i conto correntisti ed i loro problemi. Ma soprattutto perché hanno trattato le persone a pesci in faccia ed approfittandosi del fatto che non sempre avessero conoscenze adeguate a capire gli investimenti che la Banca stessa stava loro consigliando.
Di base c’è il fatto che in Italia, appena una persona passa dall’altra parte dello sportello si crede superiore, migliore, elitaria (ci sono le dovute eccezioni, ovviamente!) E’ una questione di attitudine più che di sistema (che pure esiste!) Le persone che lavorano a contatto con la gente dovrebbero capire che stanno semplicemente svolgendo un lavoro a servizio di altre persone, e che questo lavoro, e la vita in generale possono avere due orientamenti: possono essere orientati alla risoluzione dei problemi, in modo pratico, veloce ed efficiente, oppure possono essere orientati all’odio e al disprezzo verso glia altri, e all’arroganza che serve per credersi migliori. E’ dalla risposta a questa domanda che dipende la civiltà di una società.
Devo ammettere che appartengo a quell’ormai sempre più numeroso gruppo di “giovani” che non vogliono stare in Italia.
Quando tornai da Cuba lo feci perché volevo cambiare qualcosa nel mio Paese. Volevo tornare e fare la differenza, essere attiva, fare. Eppure, appena arrivata percepii un’ondata di miserevoli lamenti. Con gli occhi di chi veniva da un Paese del Terzo Mondo, vedevo gente che aveva tutto e si lamentava di tutto. Ragazzi arrabbiati perché non trovavano lavoro, che se poi guardavi bene, ci avevano messo 8 anni a prendersi una Laurea Triennale senza aver mai fatto esperienze all’estero e imparato lingue, senza aver mai avuto un lavoro vero, neppure come cameriere o barista. E mi chiedevo, ma un po’ di povertà non farà bene?
Mi domandavo: “Come mai vengo da un Paese che di disperazione ne ha avuta fin troppa, e dove tuttavia le persone non si perdono d’animo, e studiano, si impegnano, si ingegnano per migliorarsi”. E invece in Italia mi sentivo in una situazione paradossale in cui tutti si lagnavano, ma con gli IPhone, gli IPad, i cellulari di ultima generazione al sicuro nei propri taschini, e un biglietto per una vacanza nei Caraibi nel cassetto perché, la crisi, si sa, stressa!
Così decisi che non era ancora il momento per la mia azione civica, e me ne andai di nuovo, destinazione Ecuador, per un anno di Servizio Civile. Durante quest’anno ho visto situazioni molto più misere e deprimenti di quelle viste a Cuba: persone che vivono con gli animali, come animali. Abusi, violenze, e ancora più abusi, e ancora più violenze. Ignoranza, generalizzata, ad ogni livello, in ogni strato sociale, ovunque.
Sono arrivata a casa di lunedì, e martedì nel mio paesino di 10 mila persone circa c’è il mercato. Sono andata a farci un giro, e la prima cosa che ho visto è stata un commerciante che ha una bancarella di calzini e che parlava di politica con una casalinga di più di 50’anni. Lui criticava Monti citando tutte le tasse, lei diceva che di Bersani non si fidava, spiegandosi che non ne poteva più delle solite facce.
Che meraviglia l’Italia!!!…un piccolo commerciante e una signora di non molta educazione parlano per strada di politica italiana, europea e mondiale nel mezzo di un piazza qualunque di un paese qualunque. Questa è cultura…e questa è democrazia!
Io non credo che qui ci si renda veramente conto del valore che hanno questi piccoli gesti. Il poter prendere la propria bicicletta ed andare in piazza ed esprimere liberamente la propria opinione senza dover aver paura di ripercussioni sociali o penali. L’aver una cultura generale sufficientemente sviluppata da poter capire una linea politica, e il potersi formare un’idea perché dotati di senso critico individuale.
Queste sono cose non si trovano facilmente, o non esistono affatto nei tre quarti del nostro piccolo pianeta.
Ed è per questo che gli italiani all’estero, o almeno in America Latina, la zona che ho conosciuto meglio io, rappresentano la qualità, l’eccellenza, la creatività, l’innovazione. Viaggiare all’estero mi ha fatto capire quanti Italiani veramente in gamba ci sono nel Mondo. Mi ha fatto diventare patriottica ed orgogliosa di essere Italiana. Eppure ogni volta che torno in Italia vedo solo un’enorme scia polemica che investe tutto e tutti, che divora ogni nuova persona che possa voler cercare di emergere, ogni nuova idea, ogni nuovo leader. Non va mai bene niente: se un’atleta vince un oro olimpico non ci si sente orgogliosi per lei, ma la si critica subito per il vestito che indossa o il ragazzo con cui esce. Si mantiene sempre un occhio negativo su tutto quello che succede, sempre pronti a dire la cafonata o la cattiveria di turno per sentirci più bravi, più brillanti, più furbi. L’eccellenza non si premia, non si valuta, perché la mediocrità se ne sentirebbe offesa.
E’ la polemica, inutile, ignorante e sterile che la fa da padrona. Forse il problema non è la crisi. Forse il problema siamo noi. Forse la crisi è solo il nome che abbiamo scelto di usare per nascondere la vera faccia della realtà: siamo arroganti, pigri e cafoni, perché non vogliamo dare valore a nulla che non siamo noi stessi. Siamo disposti a scendere in guerra tra noi piuttosto che cedere un piccolissimo pezzo delle nostre prerogative, e quando non vogliamo più metterci la faccia, votiamo qualcuno uguale a noi perché porti avanti le stesse politiche ottuse ed egoiste.
Devo ammettere che appartengo a quell’ormai sempre più numeroso gruppo di “giovani” che non vogliono stare in Italia…perché una certa Italia forse un po’ di crisi se la merita!
Angamarca é una parrocchia rurale di 6 mila abitanti che si trova nella Provincia del Cotopaxi, in Ecuador. Si tratta di una delle parrocchie più isolate e più difficili da raggiungere di tutta la Serra Ecuadoriana. Ci si arriva dopo 6/7 ore in macchina da Quito per colpa delle terribili condizioni delle stradine di montagna, quasi mai asfaltate e pericolose quando piove.
Come tutte le parrocchie, anche Angamarca é circondada da Comunità indigene raggiungibili quasi sempre solo a piedi a ore di distanza, e a volte i loro abitanti, che non hanno neppure le scarpe, sono costretti a percorrerle a piedi.
Ad Angamarca c’é un ambulatorio statale nel quale lavora un medico in Rural: la rural é una specie di praticantato che i medici appena laureatisi devono svolgere per poter convalidare il proprio titolo. Questi medici non vengono affiancati da un medico piú anziano che li controlli, ma vengono letteralmente mandati allo sbaraglio da soli! Inoltre, le assegnazioni vengono stabilite in base ad una graduatoria: chi prende il voto più basso viene spedito nei posti più remoti, Angamarca è tra questi. Morale: ad Angamarca finiscono i medici senza esperienza e laureatisi peggio. Molto spesso, inoltre, questi “medici” non lavorano neppure, perché tanto nessuno li va a controllare, e perciò gli abitanti si ritrovano senza assistenza medica per giorni e giorni. L’ospedale statale più vicino si trova a Latacunga, 7 ore di macchina, ma comunque l’ambulatorio non ha ambulanze, ed andarci in autobus è impossibile per i malati gravi, che se non fosse per una missione di Italiani che lavorano in loco, resterebbero a casa loro sperando di migliorare da soli, o al massimo si affiderebbero ai curanderos locali che molte volte fanno più danni che altro.
Il partner locale del mio progetto, fortunatamente, ha proprio un dispensario ad Angamarca, nel quale lavora Chiara, altra volontaria di Servizio Civile come me, con l’aiuto di Mario, volontario del partner locale. Ogni volta che vado a trovarli resto scioccata dalla quantità di lavoro che hanno e dal modo in cui dei semplici volontari riescano a prendere decisioni così importanti per la vita degli altri. La scorsa settimana, mentre ero in visita da Chiara, arrivano dei signori agitati che ci dicono che una signora di Quilalò sta per partorire ma il marito non vuole che vada al dispensario! Quilalò è una comunità raggiungibile dopo mezz’ora di macchina e un’oretta a piedi, ma non in pianura, bensì salendo il pendio di una montagna!
Mario parte con l’ambulanza e con il kit per parto che Chiara gli prepara e va a prenderla!
Arriva al bivio dove deve lasciare l’ambulanza e si appresta a salire per andare a visitare la donna, ma un ragazzino che lo stava aspettando lo ferma e gli dice che le parteras, cioè le donne che aiutano le gravide a partorire in casa, erano riuscite a convincere il marito: il bambino è podalico, e quindi loro non possono aiutare la ragazza! Bisogna per forza mandarla a dispensario! Mezz’ora dopo arrivano degli uomini con la donna caricata su una barella di fortuna e avvolta in una coperta sudicia! L’ambulanza arriva in un batter d’occhio al dispensario dove Chiara la sta aspettando! Nel frattempo al dispensario c’è un’altra donna che dice di avere 42 anni, ma ne aveva dichiarati 40 due mesi prima, e 41 due anni prima! Smascherata da Chiara sorride: “No se cuantos años tengo doctorita” (“Non so quanti anni ho dottorita”) come la gente Angamarqueña chiama Chiara!
E’ incinta non si sa bene di quanto, ma a giudicare dalla pancia non più di 5 mesi. Sta aspettando il dodicesimo figlio, e l’utero non ce la fa più! La settimana prima le era letteralmente uscita la parte bassa dell’utero, e lei, che stava lavorando nei campi, l’aveva rispinta su con la mano! Così si era decisa ad andare al dispensario, di nuovo contro la volontà del marito che non voleva che lei perdesse giorni di lavoro! Chiara la controlla: ha l’utero completamente dilatato, se dovesse partorire, il bimbo non sopravviverebbe.
Allora chiama Zumbahua, ospedale a 5 ore non statale ma pubblico, sempre gestito da Italiani missionari. Le dicono di farle delle flebo e di mandarla a farsi visitare dall’ostetrica.
Ma l’ambulanza è una sola, ed è appena arrivata con l’altra ragazza, 35 anni, anche lei al dodicesimo figlio. La portano dentro e appena Chiara le apre le gambe, partorisce! Le parteras, che avevano pure predetto che sarebbe stata una femminuccia, tanto per cambiare, si erano sbagliate (cosa che succede davvero spesso!) Però il piccolo aveva il cordone intorno al collo, che infatti è tutto tagliato! Nell’uscita è riuscito a liberarsi solo, ha un po’ di febbre ed ha la faccia paonazza e le mani e i piedi verdi, ma sta abbastanza bene! La placenta, però, si è rotta durante il parto, e bisogna assicurarsi che sia uscita tutta, perché quella rimasta dentro potrebbe fare infezione ed uccidere la madre!
Parte la seconda chiamata per Zumbahua! Sì porta anche lei! Le due donne ed il neonato, appena ristabilitesi, ripartono alla volta dell’Ospedale. 24 figli in due: due donne sui 40 anni schiave della loro terra, unico sostentamento della famiglia, e stremate dal lavoro. Due donne vittime dei loro mariti e delle credenze locali, spesso abusate, e messe in ginocchio dai continui parti. Due donne ignoranti, dimenticate dal loro Governo, che preferisce mantenerle nell’ignoranza piuttosto che permettere loro di istruirsi e cominciare ad esigere i loro diritti. Due donne morte, se non fosse stato per un piccolo dispensario sperduto nel Cotopaxi, e due coraggiosi infermieri volontari che fanno da medici ed ostetrici.
Ultimamente sono stata assente perché sono andata nel sud dell’Ecuador a visitare una cooperativa. Questa cooperativa non fa neanche direttamente parte del progetto al quale io lavoro, anche se appartiene alla rete del nostro partner locale, ma è lo stesso la mia preferita: la cooperativa femminile!
Composta da 10 ragazze più un’assistente che le segue (anche se non riescono mai a lavorare tutte e 10 insieme perché a turno ce n’è sempre qualcuna in maternità!) si trova a Celén, nella provincia di Loja al confine col Perù. Ci si arriva prendendo un autobus a Quito che dopo 9 ore ti lascia a Saraguro. Lì si attraversa la cittadina e si va a prendere un altro bus locale che su stradine andine a strapiombo su dirupi e costellate di croci bianche piantate per terra ad indicare le persone morte per incidenti stradali o frane improvvise, 2 ore dopo ti lascia nella piazzetta di Celén.
Il paesino è per lo più popolato proprio da indigeni della famiglia dei Saraguro, etnia portata dalla Bolivia in Ecuador dagli Incas che utilizzavano lo spostamento di gruppi indigeni per indebolire le famiglie e disorientarle al fine di scongiurare ribellioni. I Saraguro portano i lisci capelli lunghi e vestono di nero perché sono in lutto per la morte del loro ultimo capo Atahualpa, ucciso dagli Spagnoli nel XVI secolo.
La cooperativa femminile in realtà ospita ragazze provenienti da diverse parti dell’Ecuador, e nessuna di loro porta avanti le tradizioni dei Saraguro. Loro fanno soprattutto lavori tessili, come maglie, tute, cuscinetti da salotto. Ma dal mio arrivo in Ecuador, abbiamo deciso di buttarci in una nuova linea di borse, beauty case, astucci e porta computer che coniugano le ultime tendenze della moda, con la tradizione e i tessuti andini! Ogni 3 o 4 mesi io e la capa della Missione di Quito ci mettiamo in viaggio con tante idee e proposte cercate in internet, inventate, modificate. Arriviamo a Celén e ne discutiamo con le ragazze, che insieme a noi scelgono i modelli da produrre.
Scegliamo le tele, i colori e gli abbinamenti, e le ragazze cominciano a cucire. Questa volta le cooperativiste erano così impegnate dalle richieste dei clienti, che abbiamo potuto lavorare con una cooperativista sola: Mariela.
Discussa con lei la fattibilità dei modelli (noi di cucito non ci capiamo nulla!), Mariela ha tagliato la stoffa interna ed esterna, prima i bordi e poi i manici,
ha stirato i pezzi,
e ha aggiunto il fondo in spugna rigida.
Finita la borsa ci siamo accorte che il risultato era un po’ più elegante di quanto avessimo previsto. E così abbiamo deciso di aggiungere un bottone in cocco.
Così è nata la Borsa Giulia, dal nome della ragazza che ci ha dato l’idea per questo modello!
Il tutto mentre le ragazze del paese (loro sì, Saraguro) nella piazzetta fuori dalla cooperativa urlavano giocando a una specie di palla-mano da terra…Nei momenti di pausa uscivo a guardarle giocare dal balcone ipnotizzata da come riuscissero a saltare, correre, cadere, senza mai perdere il cappello dalla testa…ma come diavolo lo attaccheranno?? Mah!
Appena le ragazze finiscono di lavorare un certo numero di prodotti, questi vengono mandati a Quito, dove vengono esposti e venduti. Molti si inviano anche in Italia, e proposti in mercatini della solidarietà o in centri espositivi fissi. Poi il mercato decreta i modelli vincitori che continueranno a prodursi, e quelli che invece usciranno dal catalogo (con grandissimo dispiacere nostro che ci affezioniamo a tutte le varianti!)
La passata visita è stata particolarmente triste per me, perché è stata l’ultima. In gennaio tornerò in Italia e non saprò più nulla del lavoro delle ragazze di Celén. Sicuramente continuerò ad essere la più fedele cliente, e a comprare cose dall’Italia. E probabilmente penserò, con una punta di arroganza che, se i nuovi modelli li avessi fatti io, sarebbero venuti più belli! 😉
Nel frattempo chi di voi volesse avere più informazioni su dove comprare le borse e gli altri oggetti in Italia, può scrivermi al mio indirizzo unitalianainecuador@gmail.com, oppure sulla pagina Facebook Unitaliana Inecuador
Sono anni che mi pongo questa domanda senza riuscire a darmi una risposta, e oggi, leggendo uno degli ultimi post di Gordiano Lupi “Il giorno dei diritti umani nella Cuba di sempre“, ho capito di non essere la sola a pormela.
Chi sono i veri responsabili delle dittature?
Sono arrivata a Cuba da comunista convinta; quando ho visto qual era la realtà che i Cubani vivevano ogni giorno, mi sono scandalizzata, e ho cominciato a giustificare ogni cosa: ogni volta che mi hanno dato il resto sbagliato, ogni volta che sono riusciti a farmi commuovere con storie inesistenti su bambini che stanno morendo di malattie strane e che hanno bisogno di soldi. Ogni coda il cui unico scopo è stato di far demordere i clienti per poter lavorare meno e vendere di più nel mercato nero. Ogni sopruso, ogni menzogna, ogni bugia, detta solo per farsi portare fuori da Cuba a costo della vita delle altre persone. Giustificavo tutto, e mi dicevo “Anche io farei così”.
Prodotti in vendita in un mercato cubano
Dopo due anni, le mie convinzioni hanno cominciato nuovamente a vacillare. Le code provocate dall’inefficienza dei lavoratori sono comprensibili mezzi di sopravvivenza, o piuttosto modi per fregare altri concittadini e rendere la loro vita ancora più difficile? I furti nei negozi per poter vendere i prodotti nel mercato nero a prezzi decuplicati sono legittime forme di protesta, o impoveriscono ulteriormente i propri fratelli Cubani? Le bugie raccontate a un turista sono dettate dalla disperazione, o solamente vendette contro stranieri che non hanno nulla a che vedere con il problema cubano?
E’ indubbio che ci sono molti Cubani che vivono all’interno di questa Cuba molto meglio di quanto farebbero in uno Stato di diritto democratico. Fuori da Cuba nessun Cubano può permettersi di non andare a lavorare perché “piove”, cosa che invece accade sistematicamente sull’Isola. O di usare la scusa degli scarsi mezzi di comunicazione pubblica per giustificare qualsiasi assenza o ritardo. A Cuba è molto più facile fare fortuna e salire un gradino sociale rispetto che altrove, perché la popolazione media vive in condizioni così disperate che basta poco per staccarsene. Un televisore in più, una moto, 15 dollari a settimana, fanno di un perfetto idiota un ottimo partito nella Cuba di oggi giorno.
E allora mi chiedo, com’è possibile che un popolo che si vanta per la sua iniziativa e creatività, famoso per il suo temperamento guerrigliero e che si è liberato del colonialismo spagnolo a colpi di coraggio e di machete, e poi dell’imposizione statunitense con una Rivoluzione tra le più memorabili della storia, per 50′ anni sia rimasto succube di questo regime? Anche lasciando perdere i primi 30 anni, com’è possibile che il Governo di Fidel sia passato incolume per la caduta dell’Unione Sovietica?
Monaci Buddisti Birmani
Persino i monaci della Birmania, una delle più feroci dittature moderne, si ribellano al Governo Militare. Gli Stati del Nord Africa, che non hanno conosciuto che dittature nelle ultime decadi, se non secoli, si sono liberati dei loro oppressori con la Primavera Araba. Cos’ha di diverso Cuba? E’ un’isola, l’internet è quasi inesistente, ha un sistema di sicurezza dello Stato che ha fatto scuola tra le altre dittature. Ma tutto questo basta? Basta a far sì che nessun cittadino si senta responsabile di intervenire quando poliziotti in abiti civili picchiano delle donne che stanno manifestando pacificamente? Basta per limitarsi a lucrare sulle spalle di tutti gli altri adducendo come scusa un Governo totalitario? Basta per non scendere in piazza a protestare quando degli uomini vengono arrestati, picchiati, torturati solo perché aspirano a dire quello che pensano?
dama de blanco detenida
Non ci sarà una responsabilità condivisa tra i cittadini che con il loro silenzio assenso stanno permettendo che queste cose avvengano ai propri famigliari, ai propri vicini, nelle proprie case?
Forse qualcosa sta cambiando, e probabilmente il cambiamento sarà lento, almeno quanto ineluttabile. Questo video su una famiglia di aperti oppositori politici che non ha paura di affrontare due uomini della sicurezza e che li fanno scappare a gambe levate mentre urlano “Abajo Fidel, Abajo Raul” è sicuramente una nota positiva in un mare di opportunismo e rassegnazione (e non per quello che dicono, ma per il coraggio di manifestare apertamente!)
Una cosa è certa: quando il regime cadrà, molti cercheranno e troveranno giustificazioni per non aver fatto nulla, e in pochi potranno dire “Io ho lottato per la mia libertà”. Speriamo che a questi pochi verrà assegnata la costruzione di un nuovo Governo e di una nuova società. Perché le dittature passano, ma la codardia e l’opportunismo restano…
È così ci risiamo: Berlusconi cambia di nuovo idea, e si ricandida! Poveri stolti quelli che avevano pensato che sarebbe finita, che non avrebbe più avuto la faccia tosta di ripresentarsi, e che nessuno lo avrebbe votato! Col cavolo! Certo che si ricandida, e certo che lo voteranno. Probabilmente non avrà più il 26% dell’elettorato, ma dategli tempo e vedrete! D’altronde sappiamo perfettamente che noi Italiani siamo portati ad identificarci in questi vecchietti che in altre parti del mondo starebbero al giardinetto a lanciare cibo ai piccioni, ma che in Italia diventano Sex Symbol perché a 70 anni e passa e senza prostata se la fanno ancora con le minorenni!
again…
E quando, appena tornata in Italia e scandalizzata per il caso Ruby chiedevo ai miei connazionali berlusconiani come facessero a votarlo, mi rispondevano “Embhé, chi non è mai stato con una minorenne???” Per esempio le persone che conosco io, razza di idioti!!!
Eppure per me il problema non è Berlusconi, perché statisticamente un pazzo scatenato su 60 milioni di persone ci dovrà pur essere. Il problema sono piuttosto gli oltre 300 deputati che l’hanno difeso, appoggiato, osannato. Perché non è uno solo che può determinare la caduta del Paese. Questo è chiaro. La caduta è determinata dalla disponibilità che hanno quelli che gli stanno intorno a difenderlo. E passino pure i deputati, ma gli Italiani che lo votavano dove vogliamo metterli? In che scalino dell’evoluzione darwiniana dovremmo collocarli?
Ed il problema è ancora più drammatico se pensiamo che in Italia, ormai, non esiste una destra credibile, per quanto un Paese moderno e democratico ne abbia bisogno per contrappeso politico. Crosetto, che pure mi sta simpatico, e la Meloni, assieme a tutti quelli che andranno loro dietro, potranno pure proporsi e, scommetto che molti li guarderanno anche con simpatia. Ma io mi chiedo per quanto ancora potremo prenderci in giro? Per quanto ancora potremo onestamente guardarci negli occhi e fare finta di essere quelli che non sapevano, non vedevano, non immaginavano…Davvero saremo disposti a votare persone che per 20’anni sono stati in coalizione con Berlusconi e fare finta che non sapessero con chi stavano governando?
Di Berlusconi ce n’è uno solo, e per fortuna è vecchio…ma tutti gli altri che adesso ci guardano dritti negli occhi giurandoci di non essersi accorti, di essere stati ingannati dopo aver permesso e giustificato qualsiasi atto di corruzione, menzogna, manipolazione…non saranno peggio?