Nell’estate del 1998 io e una mia amica abbiamo cominciato a lavorare nel bar delle piscine del mio paese. A 200 metri da casa mia, era il tipico bar di provincia frequentato dai vecchietti che giocano a carte e fanno colazione con pane e salame accompagnato dal bicchiere di bianchino.
Una mattina mentre stavo per cominciare il mio turno, noto che la mia amica, che aveva portato un caffè al tavolo a un cliente abituale seduto fuori, è in piedi accanto al lui, pietrificata. L’adorabile vecchietto, mio vicino di casa, le cingeva le spalle con un braccio, mentre con l’altra mano le accarezzava il seno, il tutto mentre le parlava con una voce affabile chiedendole come stava la famiglia.
Lei era immobile, spaventata, sorpresa. Non sapendo cosa fare, la chiamo per liberarla dalle grinfie del vecchio, e insieme andiamo a raccontare tutto alla proprietaria, una ragazza di poco meno di 30 anni ottima amica di entrambe le nostre sorelle maggiori.
Sentito tutto lei ci guarda e con sarcasmo ci risponde “Non sapete che i nostri clienti sono dei vecchi porci? Se voi gli date confidenza cosa vi aspettate in cambio? E’ colpa vostra”.
Era il 2004, io avevo 21 anni ancora da compiere e studiavo a Parma. Di sera lavoravo in un pub che quell’anno era molto in voga: l’XXL. Cominciavamo a lavorare alle 19, e finivamo solo intorno alle 4 della mattina, quando di solito andavamo a mangiare nell’unico ristorante in città aperto tutta la notte. Era il tipico posto in cui gli uomini portavano le amanti dopo una notte brava, scegliendo il tavolo nell’angolo più buio e sperando di non essere riconosciuti da nessuno (un’utopia in un posto piccolo come Parma).
Una sera, subito dopo di noi, arrivano i ragazzi più temuti da ogni ristoratore dei paraggi per la loro fama di selvaggi: i giocatori del Rugby Parma.
I rugbisti, seduti a una tavolo vicino al nostro, cominciano a lanciare pezzi di grissini nella scollatura di Maria, una delle mie colleghe. Il fratello, Paolo, seduto accanto a lei, si scalda subito e scatta la rissa. Mezz’ora dopo, quando i carabinieri sono già sul posto, Paolo con aria furiosa si gira verso Maria e le dice “Però pure tu puoi evitare di andare in giro con le tette al vento e che cazzo!”
E’ il 2013 e ho 29 anni. Lo scorso fine settimana sono andata ad una festa in maschera con i miei nuovi colleghi londinesi (quasi tutti spagnoli, italiani e portoghesi) e con un paio di vecchi amici. L’aria è leggera e festosa, tutti bevono, si divertono e parlano tra di loro. Un ragazzo portoghese mi si avvicina e ho l’impressione che ci voglia un po’ provare. Mi allontano stupita (tutti sappiamo che a lui piace un’altra ragazza) pensando che magari abbia esagerato un po’ col vino. Il mattino dopo ne parlo con i miei amici, e uno di loro, che mi conosce da diversi anni e la cui idea rispettavo, mi dice: “Ma se tu sorridi a un uomo cosa vuoi che pensi lui? Io te lo dico da uomo: noi siamo fatti così, tocca a voi limitarvi ed evitare che certe cose accadano”.
Ultimamente mi sono spesso chiesta il perché le donne vivano un sentimento di inferiorità rispetto agli uomini. Perché è più probabile che le donne si sentano più insicure degli uomini? Perché è più probabile che le donne mettano in discussione la loro vita e il loro lavoro, mentre gli uomini no? Perché, come dice Sheryl Sandeberg ex CEO di Facebook e una delle donne più influenti del mondo nel suo libro “Lean In” gli uomini sono educati per essere aggressivi ed assertivi e per diventare leader, mentre le donne al limite sono “bossy”? Perché ci sono interazioni positive tra successo e consenso sociale nel caso degli uomini, e interazioni negative tra gli stessi due fattori nel caso delle donne? La Sheryl in ogni sua intervista afferma: “Voglio essere chiara: non sto dicendo che gli uomini abbiano troppa fiducia in sé stessi. Non è questo il problema. Semmai, mi chiedo perché le donne ne hanno così poca!”
Ci ho pensato a lungo e ho capito una cosa: come è possibile sperare di avere donne più “confident“, che si sentano sicure, in grado di assumerela leadership e di avere successo, quando qualsiasi cosa succeda intorno a una donna, è per colpa sua? Come è possibile aspettarsi che una donna cresca sicura e convinta di sé quando viene continuamente criticata fin dalla tenera età, e giudicata nei suoi aspetti più intimi e delicati, nel fulcro della sua sicurezza e convinzione: la sua integrità?
Ma soprattutto, come possiamo ragionevolmente aspettarci di diventare donne forti e sicure quando chi ci giudica in modo così spietato e crudele, chi ci scruta incessantemente per farci notare quando siamo inadatte ed inadeguate, chi ci condanna a una vita di insicurezza e sfiducia in noi stesse, non solo è gente che conosciamo, ma si tratta addirittura dei nostri padri, i nostri fratelli, i nostri mariti, i nostri figli, i nostri amici. Cosa ci si può aspettare da una donna che vive sotto la minaccia di essere giudicata da chi ama e rispetta di più? Dalle persone che le stanno più vicino, e i cui giudizi sono quindi più spietati e crudeli? Non è verosimile che quella donna crescerà sentendosi insicura e meno in grado di affermarsi e sentirsi realizzata?
Infine, concettualmente, una donna giudicata e offesa nella sua integrità perché osa essere gentile con un cliente, perché si permette di indossare una maglia scollata, o perché sorride a un collega…è davvero diversa da una donna afghana costretta a portare il Burqa perché senza sarebbe troppo provocanti? Siamo sul serio così lontane da quel modello di donna che percepiamo come sottomesso?
In tutta sincerità credo di no: non solo penso che siamo molto vicine alle nostre simili afghane, ma credo anche che non ci vorrebbe poi molto a diventare come loro.
Vincenza ha detto:
Se invece di andare a riferirlo alla proprietaria del bar che sicuramente non era una vostra amica andavate a riferirlo alla moglie o gli mollavate un bel ceffone forse avreste risolto qualcosa o perlomeno non lo avrebbe più rifatto……….I vecchi sono i più maiali
unitalianainecuador ha detto:
Ciao Vincenza, benvenuta nel mio blog!
Eh purtroppo la moglie era gia’ morta, ma il punto e’: come mai una nostra amica di famiglia non ha fatto nulla per aiutarci, e invece ha scaricato la colpa su di noi che eravamo appena 15enni?
NIKI ha detto:
Ciao
Ricordo un tuo post sul simile riguardo all’equador?
Mi sbaglio?
unitalianainecuador ha detto:
Ciao Niki!
Si’, simile, ma quello dell’Ecuador riguardava la violenza contro le donne in Ecuador. Questo e’ un discorso piu’ generale sul perche’ tendenzialmente le donne siano piu’ insicure rispetto a se stesse e a quello che fanno degli uomini.
Visti i commenti arrivati, leggero per bene il libro Lean In di Sheryl Sandeberg e faro’ un follow up con dati e statistiche piu’ specifiche!
Perche’ non ti e’ piaciuto questo post? 😦
Gaviotazalas ha detto:
….la insicurezza penso sia parte della fragilità femminile, quella che seduce , e attrae agli uomini e che loro sanno annusare bene…dopo un bel sorriso bisogna fare un bel Stop con occhi,,,,(“hay pero no te toca” como se dice en Cuba) Infine magari la Gioconda qualcosa ne sá…. 😉
NIKI ha detto:
Mina.. non mi sembra di aver detto niente di negativo al tuo post.
Piaciuto non saprei, perchè sai bene che il mio iteresse al tuo blog è iniziato con i tuoi diari cubani, ( hai uno spazio tuo sul mio cubareale, ma l’interesse di leggerti non è venuto mai meno, ritengo i tuoi post interessanti anche legati alla tua nuova situazione Londinese, ed in generale al tuo bel modo di sbarcare il lunario.
Sarà che da quando ho la facoltà di ricordare, a parte qualche ragazzata di pochissimo conto , non ho mai avuto per la mente queste attenzioni particolari riguardo al genere opposto, che mi sento di condannare qualsiasi simile atteggiamento senza attenuanti tipiche.
Fai bene a parlarne, quante nemmeno lo esternano e quante purtroppo anche subendo non denunciano.
Ciaoooooooo …….
unitalianainecuador ha detto:
Hey Niki grazie!
Eh sì il tema femminile è sempre stato trasversale a tutti i miei altri interessi!
Ehehehe grazie per avermi pubblicato su cubareale, sai che è un onore per me 😉
Ho appena postato l’ultimo pezzo di Cuban Diaries! 😉
Un abbraccio!
Distruggi il razzismo ha detto:
Quando il maschilismo sarà finalmente percepito come tutte le altre forme di razzismo (pregiudizio su differenza genetica, ergo… LO È) aprirò lo champagne… Sembrerà strano che questo post (il mio) non lo abbia scritto una donna ma io. Quindi, come m, mi permetta di parafrasare il grassettato di quella testa di cazzo a Londra: “Io te lo dico da uomo: noi” NON “siamo fatti così”. Non tutti, per fortuna, siamo come il tuo “amico” londinese il cui mediocre cervello non sa uscirsene con niente di meglio che quella puttanata da bar sport o da circolo del Ku Klux Klan. Mandalo a fare in culo, non è né un amico, né nient’altro che un deficiente, un peso inutile e dannoso, e personalmente la gente così per me vale meno di zero, e prima si toglie dal mondo meglio fa. Affanculo pure il fratello della rissa coi parmensi (che è un coglione) e affanculo pure la capo barista, che è una sporca merda intuile, e i vecchi rattusi, la cui sola utilità è quella di concimare al più presto la terra e togliersi dal cazzo. Li si equipari finalmente a quegli altri deficienti che negli USA si vestono da fantasmi e bruciano le croci, perché sono la stessa spazzatura. E come vedo, e qui mi si conferma con la storia della capa barista (che, ribadendo, è una persona di merda come tutti i vili voltafaccia schifosi), questo merdame razzistico a volte coinvolge anche donne: mi ricordano lo “Zio Rockus” del cartone animato “The Boondocks”, un nero razzista (in senso di essere bianco supremazista) che dice di non essere nero ma di avere la “svitiligine”.
I signori colleghi uomini non si credono interessati da questa cosa? Sicuro? Non li tange? Chi vive bene in una società razzista può solamente essere una cosa: un PEZZO DI MERDA.
Si! Razzismo. Cos’è, se non razzismo, il sentirsi superiori a qualcuno, non perché lo si conosca personalmente e ci si sia fatti un’idea personale, solo per differenze genetiche, a prescindere? Non differisce da altri razzismi.
Chi, cari colleghi omini di genere maschile, non si sente coinvolto, potrà accorgersi che un pianeta con tante disuguaglianze genera insicurezze, malesseri, guerre, morte di ogni speranza e prospettiva e porcate di ogni genere. Svegliatevi, ma che abitate su Marte? Fosse anche solo per calcolo egoistico, neanche a voi conviene fare “i superiori”. Che qualche altro “supeiore” prima o poi arriva a presentare il conto pure a voi, e sarete stati voi a crearlo.
Mi scuso per il linguaggio con la redattrice del blog, ma non me ne pento minimamente verso il liquame razzista che ci affoga. Niente politically correct per questo nemico mortale a cui auguro l’estinzione; perché esso ci affoga, non ci da speranza di campare, ci fa vivere tutti di merda e ci da la sola speranza di darci al cianuro come “buono uscita dal pianeta Terra”. Che si estinguano essi, concettualmente, ovvero sia che siano cancellati dall’evoluzione come ciarpame obsoleto di un’epoca preistorica.