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Marvelis viveva (e vive ancora) in calle Concordia, a 3 isolati dal Malecòn, e 7 dall’Università.
Casa sua si trova in Centro Habana, quartiere malfamato tra la turistica Habana Vieja, e il mondano Vedado! Per la precisione, in Cayo Hueso…non ho mai capito perché si chiamasse così, ma dicevano che fosse un brutto quartiere.
Io in realtà mi ci sono trovata splendidamente, e di tutte le zone nelle quali ho vissuto all’Avana, questa è quella che mi manca di più!
Arrivo a casa di Marvelis in pieno “apagon”. Gli apagones sono i black out programmati che il Governo cubano ha cominciato a realizzare a macchia di leopardo su tutta l’Isola perché non riusciva più a produrre l’energia sufficiente a soddisfare il fabbisogno nazionale. Se in questi ultimi anni gli apagones stanno durando solo un paio d’ore, in genere nel pomeriggio (che è proprio quando ci sarebbe più bisogno di elettricità per far funzionare i ventilatori negli afosi dopo-pranzi cubani!) subito dopo la caduta del Muro di Berlino, quando Cuba sprofondò in una gravissima crisi economica a causa della mancanza di iniezioni russe di denaro sull’Isola, gli apagones duravano anche fino a 16 ore al giorno (e infatti si chiamavano anche “alumbrones” perchè non si contavano più le ore di black out, ma di black in)!
Al principio degli anni ’90, mentre il Mondo progrediva a passo spedito verso la globalizzazione, a Cuba si faceva la fame! L’Isola non poteva importare nulla, perché non avrebbe potuto pagare la compera di nessun tipo di mercanzia, e il pianeta intero lo sapeva. 20 anni di appoggio incondizionato russo avevano distrutto qualsiasi principio di efficienza economica e produttiva sull’Isola. Fidel, invece di approfittare dell’aiuto sovietico per creare un’economia nazionale forte e stabile, aveva preferito finanziare guerriglie in giro per il mondo, a discapito della sua stessa gente.
Le persone non avevano nulla. Trovare cibo e beni di prima necessità era un’impresa, ma anche quando si scovava da mangiare…era difficile che non andasse a male in frigoriferi che rimanevano senza elettricità così a lungo!
Questa è la foto di una macelleria vuota
Se si hanno amici cubani, è impossibile non imbattersi in racconti relativi al periodo especial (così si chiamava quel periodo che, tecnicamente, non è ancora finito poiché non è mai stato revocato!), racconti agro-dolci, di una disperazione che arriva ad essere così profonda, che diventa comica, e a tratti ridicola!
Vi riporto uno dei racconti che più mi ha colpito, che è di un vicino dell’ultima casa nella quale ho vissuto, a Regla!
Lui racconta che un giorno si stava lavando con l’ultimo minuscolo pezzo di saponetta che era rimasto in tutta la casa! All’improvviso, mentre è sotto la doccia, arriva un apagon, va via la luce! A lui, per lo spavento, cade quel prezioso pezzo di sapone…e si mette immediatamente in ginocchio a cercarlo nella piena oscurità: non può assolutamente permettere che quell’ultimo pezzo di sapone si sciolga in mezzo all’acqua!
Vari minuti dopo, (questo fu un apagon corto per fortuna!), torna la luce, e lui si trova il pezzo di sapone appiccicato alla pancia! Era così fine e sottile che lui non si era neppure accorto di averlo addosso!
Spesso, dopo racconti di questo tipo, ho visto i cubani farsi grasse risate…e mi sono sempre chiesta come diavolo facessero a ridere in questo modo di un’esperienza così tragica vissuta…finché non l’ho domandato a Marvelis, che mi ha risposto “Minita, que le vamos a hacer? Podemos solamente seguir luchando…” (Minita, che possiamo farci? Possiamo solo continuare a lottare”)