Tag
baseball, caldo afoso, Capitalismo, Centro Habana, Che Guevara, Cuba, etica, Italia, macchina degli anni '50, Uomo Nuovo
Sono tornata in Italia in settembre, e da allora non ho fatto che pensare a Cuba. Cos’avrà quest’Isola che strega? Spesso ho pensato a Cuba come a una vecchia prostituta, una volta giovane e bellissima e ricca di potenziale, e ormai fatiscente ma ancora affascinante. Con un grandioso passato e un futuro incerto, ma ancora in grado di esercitare il suo fascino su milioni di persone.
Dal mio ritorno in Italia una cosa mi è chiara: sono profondamente cambiata, in un modo che non avrei ritenuto possibile. Sono più forte, ho molta più pazienza; spesso però mi sorprendo a giustificare chi utilizza scorciatoie poco etiche per affrontare i propri problemi, per quanto io personalmente non lo accetti…è un qualcosa di così normale e quotidiano a Cuba che ormai comincia ad esserlo anche ai miei occhi.
Anche le mie convinzioni politiche sono cambiate: ero partita ammirando gli alti ideali della Rivoluzione, l’uguaglianza, l’equità. Sono tornata scioccata dalla povertà e dalla decadenza, e convinta che in fondo i Cubani vogliano solamente poter andare in un negozio e comprare ciò di cui hanno bisogno. Vogliono avere il computer e il cellulare, voglio avere le All Stars e le Nike…vogliono poter vivere tranquillamente e non sentendosi perennemente colpevoli per questo…vogliono essere normali.
Il sogno dell’Uomo Nuovo di Che Guevara, che vive solo di principi e di valori, che lotta contro ogni ingiustizia e si batte per ogni guerra del mondo, che non scende mai a compromessi e non ha aspirazioni personali, che vive e muore per la sua società, ha ceduto di fronte alla comodità del capitalismo. E in fondo è comprensibile che di fronte a tutte queste ideologie, alla fine di tutto, ciò che importa è che quando si apre il rubinetto esca l’acqua e che quando si riesce faticosamente a mettere soldi da parte dopo mesi di lavoro si possa andare in un negozio e comprare ciò che si vuole.
Ma ho ancora così tante incertezze su Cuba…ci sono ancora troppe cose che non ho capito, che non ho potuto vedere vivendo da studentessa straniera…è tutto così confuso per me. Come può un popolo così combattivo come quello Cubano che ha tentato di liberarsi dagli Spagnoli prima e dagli Statunitensi poi attraverso più di un secolo di rivolte quasi ininterrotte…essere così drammaticamente soggiogato e rassegnarsi a rimanere preda di una dittatura per 50’anni.
E poi c’è Pedro…cos’è lui per me? Mi sto salvando a scappare da lui, o sto voltando le spalle all’uomo della mia vita? I problemi che abbiamo avuto sono dati da un crash di culture o siamo davvero incompatibili? Io sono la solita europea prepotente che vuole imporre la propria visione del mondo, o lui si sta davvero approfittando di me?
Mi manca l’Avana. Continua a ritornarmi alla mente l’immagine della strada battuta dal sole di fronte a casa mia, quella che percorrevo per andare all’Università. La luce filtrata dalla polvere, giovani che camminano a torso nudo e ragazze in leggins e mini top, un caldo afoso, due signore che conversano da un balcone all’altro pieni di fiori. La fila che si forma alla finestra di una vicina che vende crocchette, e qualcuno che mi saluta fischiando dal fondo della via. Il ragazzo che vive a fianco che si dondola su un sedia a dondolo fuori dalla porta di casa sua mi saluta chiedendomi come sto…e l’aria fresca che arriva dal Malecòn dove qualcuno sta suonando la chitarra guardando il mare, mentre qualcun altro cerca di aggiustare per l’ennesima volta una macchina degli anni ’50 e dei bambini giocano a baseball…è un balletto, un’infinita danza tra tranquillità e disperazione…tutto sembra costantemente sull’orlo di terminare, eppure continua immutato nella sua perenne tranquillità.
Troppe domande…troppi dubbi…troppe incognite. Ho deciso. A marzo mi laureo, e in aprile torno a Cuba!