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Domenica mattina io e Ramsés decidiamo di andare a fare una passeggiata e così prendiamo l’autobus e arriviamo in una località turistica, presumibilmente tranquilla.

Scendiamo dall’autobus che è già giorno e cominciamo a gironzolare. C’è gente per strada, uomini che lavorano o seduti sui marciapiedi a chiacchierare, donne che fanno le pulizie. 30 metri dietro di noi una decina di muratori stanno gettando le fondamenta per una casa, e 10 metri davanti a noi, c’è la via principale, con tutti gli ostelli e i negozi che stanno aprendo. Ci sentiamo sicuri.

Improvvisamente incrociamo una moto rossa con due ragazzi a bordo. Quello dietro mi guarda e mi fa un ghigno. Dico a Ramsés di stare attento: mi sembra che ci sia qualcosa che non va. E’ troppo tardi. Il ragazzo seduto dietro è già addosso a Ramsés e cerca di colpirlo con una cosa che mi sembra un coltello o un cacciavite appuntito! Io sono in preda al panico, urlo, come una disperata. Nessuno arriva. Nessun muratore, nessuna persona seduta a chiacchierare, nessun poliziotto. Io butto tutto per terra e cerco di chiedere aiuto, ma sono paralizzata dalla paura…continuo a pensare che il ragazzo potrebbe tirare fuori una pistola da un momento all’altro e uccidere Ramsés…ho sentito così tante volte storie di questo tipo…adesso sta succedendo a noi e io non posso fare nulla per evitarlo.

Il ragazzo vuole lo zaino che Ramsés ha in spalla, ma gli si impiglia intorno al polso e non riesce a darglielo. L’aggressore si spazientisce e lo vedo mentre colpisce ripetutamente Ramsés...lui cerca di schivare i colpi con il braccio...è la fine, penso. Per la prima volta in vita mia penso “Voglio una pistola!” Per la prima volta in vita mia penso “Se avessi una pistola ucciderei quei figli di puttana!”

Poi Ramsés si libera dello zaino e il ragazzo salta sul retro della moto e scappa. Solo allora, quando il rumore del motore è ormai lontano, cominciano ad accorrere le persone. Ramsés si precipita da me e mi chiede se sto bene…io lo guardo cercando le ferite che ho visto infliggergli…lo tocco…cerco il sangue…ma c’è solo una ferita nel braccio sinistro! Lui aveva addosso due maglioni perché in autobus faceva freddo; le maglie hanno impedito al coltello di arrivare alla pelle! Il braccio gli si sta già gonfiando e comincia a fargli male…lui non si era neanche accorto di essere ferito.

Inferocita chiedo all’uomo che viveva nella casa di fronte alla quale è avvenuto l’assalto perché non fosse uscito ad aiutarci…capisco che avesse paura, ma avrebbe potuto lanciare un sasso da dietro la porta, urlare…fare qualunque cosa! Lui mi sorride imbarazzato e mi dice: “Pensavo fosse solo un uomo che stava picchiando sua moglie…”