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Dopo l’estenuante viaggio in autobus che mi ha lasciato i vestiti sporchi e stropicciati, arrivo finalmente al Granma Internacional! La Poiana mi sta aspettando impaziente. Le spiego dell’autobus e lei mi dice di non preoccuparmi, ma di essere più puntuale da lì in avanti.
Io le chiedo che autobus deve prendere lei per venire a lavoro. Lei fa finta di non sentirmi. Le ripeto la domanda pensando che non avesse sentito la prima, e mi risponde stizzita “L’autista e la macchina del Granma vengono a prendermi al mattino e mi riportano quando finisco”. Ah però, penso, per essere una che si vanta di vivere in un Governo socialista di uguali, qualche prerogativa che si tiene solo per lei ce l’ha! In seguito avrei scoperto che l’autista e la macchina del Granma accompagnano lei e il suo compagno anche a fare la spesa, alle varie feste, a sbrigare faccende personali. Il tutto mentre i giornalisti devono quasi sempre muoversi da soli ed arrangiarsi per fare il loro lavoro, perché le auto del giornale vengono sempre impiegate da direttori, vice-direttori, le loro mogli, le loro amanti e i loro amici. Insomma, tutto il mondo è Paese si direbbe. Certo! Ma per essere nell’ultimo Stato del Mondo in cui il capitalismo non ha intaccato la giustizia e l’integrità sociale (parole di Ollio, il direttore) mi sento piuttosto a casa…e non credo sia merito dell’accoglienza!

La Poiana mi porta in redazione a conoscere i miei futuri colleghi, mentre lei va a cercare Ollio che vuole parlarmi. Per la prima volta posso guardarmi attorno con calma e studiare il mio nuovo ufficio. E’ una stanza grande che sarà forse di 4 metri per 5. Fa un freddo boia, perché a Cuba c’è questa mania di tenere l’aria condizionata palla, e soprattutto, che ti battono direttamente sulla testa(osservo pensando ai miei reumatismi ereditati da anni di danza) I muri sono enormi…è una delle tipiche costruzioni sovietiche di cui Cuba è piena! Durante la guerra fredda i Sovietici aiutarono i Cubani nelle costruzioni e con il know-how. Peccato che non si resero conto della differenza di clima, e quindi costruirono mostruosi edifici enormi esattamente come li avrebbero tirati su in Russia! Il risultato sono obbrobri dell’architettura pensati per un freddo siberiano e che tengono caldo tutto l’anno (in uno Stato in cui quando fa freddo, ci sono 15 gradi!!!) Questo è solo uno degli errori commessi in quell’epoca di “socialismo reale” che accumulato a tutti gli altri, rendono la vita delle persone, già difficile di per sé, una beffa vera e propria!

I pavimenti sono in mattonelle vecchie e piene di buchi e le pareti sporche e spoglie, fatta eccezione per un paio di immancabili foto di Fidel e del Che!
Le finestre sono tutte tappate da tapparelle che, se venissero tirate su, partorirebbero ogni tipo di ragno ed insetto, e quindi i vetri sotto le tapparelle sono sudici (a Cuba ho scoperto che la pulizia dei vetri è una cosa che non appartiene alla cultura nazionale!). Ci sono 10 scrivanie, compresa quella della segretaria, tutte dotate di computer di quelli degli anni ’90, enormi!

In ufficio ci sono la segretaria, una tedesca della DDR che si chiama Eva, Tomy il caricaturista, Joaquin giornalista a lungo corrispondente dall’estero, Livia una ragazza di colore che urla sempre come una pazza e che sarebbe diventata la mia più grande amica, e Sundred ragazzo giovane che sarebbe andato via di lì a poco. Mancano Mirella donna acida e sgradevole che si occupa delle rubrica della cultura, un’altra ragazza che non ho mai capito cosa facesse, e Borredo il fotografo, oltre a Massimo!

Mi accolgono tutti bene, e comincio a rilassarmi mentre chiacchiero con loro (tutti hanno un parente in Italia, e tutti prendono in giro Massimo, che sembra essere l’idolo della redazione, mentre ostentano una certa antipatia per la Poiana, ma non ho ancora capito il perché).
Nel frattempo proprio la Poiana torna con Ollio, che ha una faccia desolata e si mette la mano tra i pochi capelli che ha “C’è stato un problema” esordisce, e cominciano a tremarmi le gambe: “Speravamo di riuscire a trovare un appartamento per te, ma tutte le case si sono perse” Ma come fanno a perdersi le case? Mica hanno le gambe, mica scappano! “Dovrai rimanere in affitto per un po’, finché non troviamo una soluzione, ma non ti preoccupare, che aggiustiamo tutto” dice sorridendo…sento gli sguardi di pena dei mie nuovi colleghi su di me. Penso alla casa nella foresta, come ho cominciato a chiamare l’appartamento di Boyeros, e mi chiedo per quanto tempo riuscirò a resisterci. Il problema è che, esattamente come la gestione dell’autista e della macchina del giornale, anche gli appartamenti originariamente previsti per i giornalisti sono diventati prerogativa dei capi. Così i soliti direttori, vice direttori, e le solite mogli, amanti e amiche, si sono spartiti le case tra loro, e hanno lasciato ai giornalisti venuti dall’estero il compito di arrangiarsi. Purtroppo però i prezzi degli affitti per stranieri a Cuba sono proibitivi, almeno quelli legali. Quindi l’alternativa è quella di cercarsi un affitto illegale, che costi meno. Proprio come quello in cui sono io. Però mi sembra assurdo lavorare per il giornale ufficiale dell’organo politico più potente del Paese, e vivere in quello stesso Paese illegalmente! Quella sarebbe stata solo la prima delle molte ed evidenti contraddizioni della realtà cubana.

Mentre mi perdo in tutti questi pensieri, la Poiana e Ollio salutano e se ne vanno, e mi rendo conto che sono le persone più grasse dell’intero piano. L’immagine della Fattoria degli Animali mi torna in mente. Il periodo especial (periodo di grande povertà che ha colpito l’isola dopo la caduta dell’Unione Sovietica) non deve averli colpiti troppo duramente. Mi giro verso Massimo che è seduto alla sua scrivania e mi guarda anche lui con un espressione di commiserazione. Anche a te è successa la stessa cosa quando sei arrivato qui? “Sì”. E da quanto tempo sei qui? “Tre anni”. Dopo quanto ti hanno dato l’appartamento? “Lo sto ancora aspettando…”