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Come molti di voi sapranno, io mi trovo in Ecuador per svolgere un anno di Servizio Civile con una ONG di Ferrara che si chiama IBO Italia

Durante questo anno mi sono anche occupata della parte della comunicazione, e ho curato gli articoli che si trovano nella pagina del progetto in Ecuador, oltre ad aver scritto diversi contributi per la sezione delle Testimonianze dei volontari.

Quest’anno, per il secondo anno consecutivo, IBO Italia ha lanciato il concorso letterario “Raccontiamoci un’esperienza”. Il primo premio, assegnato per ″l’efficacia del racconto di un’esperienza maturata nel mezzo dell’indigenza e della miseria equadoregne, finalizzata a promuovere e valorizzare il contrasto alla rassegnazione″ è andato a me

Vi propongo qui sotto l′articolo vincitore…spero che vi piaccia!

“Chi accetta passivamente il male, è colpevole quanto chi lo perpetua. Chi accetta il male senza protestare, sta cooperando con esso”. email

Ho sempre fermamente creduto in questa frase di Martin Luther King. È una di quelle frasi sulle quali siamo tutti d’accordo…tutti sappiamo, in teoria, cosa è male e cosa è bene. Quando al telegiornale vediamo un servizio sui bambini africani con le pance piene di acqua, sappiamo che è male. Quando vediamo qualcuno che fa volontariato, sappiamo che è bene. Tutti sappiamo che ci sono problemi globali, come la fame, la povertà, la disuguaglianza, la mancanza di democrazia, e tutti sappiamo che è male. Per questo prima di partire per questo servizio civile, pensavo di essere preparata a tutto. Conoscevo questi problemi: sono laureata in Relazioni Internazionali, li avevo studiati così a lungo e da così tanti punti di vista! Avevo già viaggiato, avevo già trovato situazioni difficili sul mio cammino. Ma poi le Ande dell’Ecuador mi hanno mostrato una povertà che, sebbene conoscessi in teoria, mi ha sconvolto per la sua portata!

Isinlivi

Manuel, di una Comunità di Isinliví, Provincia del Cotopaxi, mezzo cieco e quasi totalmente sordo. Vive solo perché è vedovo, e perché i suoi figli se ne sono tutti andati alla ricerca di un lavoro in città. Sebbene anche loro siano condannati ad una povertà strutturale, sentono di aver scalato almeno un gradino della scala sociale, perché sono poveri cittadini e non campagnoli, e non ci stanno a tornare nel posto da cui vengono, perché potrebbe ricordare loro chi sono.

angamarca

Maria Caluña, una signora di Angamarca, sempre Cotopaxi, anche lei anziana e con un’ulcera perforata nella cornea di un occhio, è caduta da una scalinata mentre tornava a casa. Sola al mondo e senza sapere cosa fare si è trascinata a casa sua dove si è subito messa a letto. Chiara, l’infermiera del Paese, altra volontaria in Servizio Civile come me, non vedendola arrivare a prendere le medicine per l’occhio si è allarmata ed è andata a cercarla.

sumalo

Milena, bambina di 8 anni della minuscola Comunità di Sumaló, vicino a Pujilí e sempre nel Cotopaxi. Tutti i suoi fratelli prima di lei sono morti di una forma di distrofia muscolare precoce. Sua madre non vuole perdere anche lei, ma non sa cosa fare. Quando i medici le parlano, non capisce. Non sa esattamente quando è nata la figlia, conosce l’anno, e si ricorda che è stato durante il raccolto di broccoli, che qui si realizza 3 volte all’anno, ma non sa davvero quale.

Il mio progetto di Servizio Civile, il progetto Cooper-Attiva, aiuta tutte queste persone appoggiando il lavoro del partner locale in Ecuador con la consegna periodica di pacchi alimentari e con l’aiuto alle popolazioni indigene nelle Comunità più povere del Paese.

Manuel non è da solo: i volontari di Isinliví vanno due volte a settimana a visitarlo per controllare che tutto vada bene, e lo aiutano a tenere l’orto in ordine.

Maria Caluña dopo essere stata visitata è stata subito trasportata all’Ospedale di Quito dove le è stato diagnosticato un ematoma epidurale da operare con la massima urgenza. L’operazione realizzata con successo quella stessa mattina l’ha salvata: se fosse rimasta sola un altro giorno sarebbe morta.

Milena e sua madre sono state aiutate a trovare un dottore specializzato in malattie degenerative disposto a seguirle. Il medico ha preparato per la bambina una terapia che per ora sembra funzionare e lei ha ricominciato a camminare e sta iniziando a deglutire da sola.

Fino a questo momento la frase di Martin Luther King mi era sembrata poetica e di grande ispirazione. Credevo che tutti sapessimo cosa è male, credevo di saperlo io. Ma l’altro giorno a pranzo seduta davanti a Milena l’ho vista mangiare da sola per la prima volta dopo mesi. Vedere il suo sguardo così giovane e già così rassegnato a una vita di rinunce e di condanne cercare orgoglioso quello di sua madre in cerca di approvazione, è stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita. In quel momento mi sono sentita parte di un progetto buono, di un disegno più grande che va oltre me e i miei problemi personali. Va oltre la crisi, gli aperitivi mancati gli shopping ridotti. Va oltre le incomprensioni, le liti e le differenze.

Allora ho capito: “Chi accetta passivamente il male, è colpevole quanto chi lo perpetua. Chi accetta il male senza protestare, sta cooperando con esso”.

 Foto di Ramses Diaz Linares