Dopo un anno in Ecuador, e un mese in vacanza in attesa di avere tutti i documenti per poterci spostare, arrivare nella capitale della frenesia europea mi mette alla prova!
La sera prima della partenza mi sono trovata nel bar di Paese con i miei amici che, come al solito, sono venuti a salutarmi prima di un viaggio. Uno di loro ridendo mi ha detto: – “Beh questo è il viaggio più corto che fai!” Ed effettivamente è vero, ma appena arrivata a Londra mi sono sentita catapultata in un’altra dimensione che non ha nulla a che vedere con quello che sono stata finora. Appena arrivataho avuto un’impressione chiara ed impetuosa: sono lenta ed impacciata!
Certo, non è una gara, ma per la prima volta in vita mia mi sento più lenta del contesto che mi circonda…e posso già sentire i pezzi della mia autostima che si frantumano a contatto col suolo. Sbattendo contro tutto e tutti arrivo nel punto di incontro stabilito con Alessandro, il ragazzo con cui vivrò e mio grande amico dai tempi dell’Università! Lui comincia a spararmi tutto quello che dovrò fare nei prossimi giorni. Colgo solo qualcuna delle cose che mi dice, tipo conto in banca e National Insurance Number…tutto perde si perde in un mare di parole che faccio solo finta di capire.
A vent’anni sarei piombata a piedi pari in un’esperienza come questa! Adesso mi sento solo piena di paure e di ansie, e con il timore di non farcela.
Arriviamo nel nostro nuovo appartamento ed è stra-figo! Si trova proprio di fronte al Villaggio Olimpico realizzato in occasione delle Olimpiadi, e gode di una formidabile vista sullo Shard, uno degli ultimi grattacieli realizzati da Renzo Piano qua a Londra, e sul Gherkin, un edificio a forma di supposta (anche se tutti insistono nel dire che sembra un cetriolino sott’olio) cuore della parte finanziaria di Londra.
Giriamo il letto in camera mia in modo che guardi proprio la spettacolare vista, che di notte è mozzafiato! Appendo alla maniglia della finestra uno scaccia-pensieri comprato in Ecuador. Se quel coso funziona davvero, avrà un bel daffare in questo momento!
Sistemo le cose portate da Quito nella stanza, e il contrasto tra le immagini della Londra finanziaria fuori dalla finestra e gli oggetti indigeni che sto mettendo a posto simbolizza a perfezione la linea di incontro tra il mio passato e il mio futuro.
Da domani comincerò a cercare lavoro, e a disbrigare tutte le pratiche burocratiche per me e Ramsés…per ora, mi godo la vista dello Shard e del Gherkin cercando di non farmi prendere dal panico…ma è già troppo tardi!
In Ecuador mi capitava spesso di assaporare il momento in cui sarei tornata in Italia! Mi sono trovata molte volte a lottare con le Istituzioni, i Ministeri, gli uffici vari per il rilascio di questo o quel documento, sempre ostacolato dall’ignoranza dei funzionari. Il problema in quella parte del Mondo, infatti, sta proprio nella mancanza di formazione e di istruzione: il livello culturale generale è talmente basso che negli uffici, anche di altissimo rango, ci finisce gente che non sa scrivere bene, o che non ha avuto la minima esperienza in quel settore!
Qui in Italia è differente! Qui il problema non è la mancanza di cultura, o la mancanza di formazione (almeno non solamente), qui il problema è di attitudine alla vita e alla risoluzione dei problemi!
Vi faccio un esempio: ieri ho provato a farmi rilasciare due documenti simili: una lista dei movimenti del conto corrente da presentare in un’Ambasciata per la richiesta di un visto, prima in una Posta e poi in una Banca. Ovviamente, visto il fine, non poteva essere redatta in carta semplice, ma doveva avere una firma, un bollo, un’intestazione, qualsiasi cosa che ne confermasse l’autenticità.
Cominciamo con la Posta! Prendo il numerino che corrisponde ai titolari di conto corrente e dopo un’attesa di 10 minuti (non c’era molta gente!) arriva il mio turno! Mi avvicino allo sportello, e mi serve una tal Daniela. Occhiali come il fondo di una bottiglia, capelli corti e cicciottella, però sorridente! Mi sento fiduciosa!
– “Buongiorno!” – Driiiin driiin (le squilla il cellulare) “Scusi devo proprio rispondere!” Mi dice lei afferrando il cellulare e sparendo dietro le porte degli uffici amministrativi…resto un po’ interdetta e non riesco a non pensare ai Soliti Idioti e alla frase “Dicaaa…un attimo e sono sssubito da lei!!!”
Dieci minuti dopo ritorna e mi dice “Dica!” Trattengo a stento una risata e le indico che mi serve la lista movimenti. Me la stampa subito in un foglio semplice senza logo delle poste, senza timbri. Allora le faccio notare
– “Sì però il problema è che mi servirebbe da presentare in un’Ambasciata, e questo foglio così me lo potrei fare anche io al computer e mettere che ho 10 mila euro di saldo!” – “Nooooo” mi dice subito, poi avvicina la faccia grassottella al vetro, mi guarda bene e mi dice “Davvero potrebbe farlo?”
Prima che le vengano strane idee, cerco di riportare la sua attenzione sul mio documento!
– “Guardi mi basterebbe anche solo che lei mettesse almeno il logo delle Poste” – “No non si può fare!” – “Come no, è semplicissimo, lo stampa in carta intestata ed è fatta!” – “No scherza?!? Non possiamo usare la carta intestata!” grrrrrrrrr……. – “Ah beh, allora mi redige un documento…non è una cosa dell’altro mondo…” – “Per noi sì! Per noi redigere un documento è una cosa dell’altro mondo! Lo dovrebbe richiedere agli uffici centrali di Roma, che visto il parere del Papa e del Presidente della Repubblica e del Consiglio decideranno se concederglielo. Ma visto che ci sono le elezioni dovrebbe aspettare a maggio….ce l’ha un po’ di tempo????” Dice agitando la mano di fronte alla faccia con un gesto che mi sa tanto di hai voglia a’ aspettà! – “Va bene senta, questo mi serve per un visto, perciò per favore cerchi di aiutarmi!”
Sparisce di nuovo negli uffici amministrativi, e quando sto per andarmene stufa di aspettare, torna con la mia lista movimenti, con tanto di logo, timbro e firma! MITICA!
Round 2: la Banca!
Entro nella mia Banca, e come sempre, mi sento a disagio! Mi serve una ragazza magra, alta, mora, truccata e vestita di tutto punto e rigorosamente in nero, con le scarpe lucide e tacco 12 cm. Mi guardo intorno e sono tutti vestiti di nero…avevo capito che per le Banche era un periodaccio, ma questo è un funerale! Tra l’altro mi ha sempre colpito come più la filiale è di provincia, e più i lavoratori si vestono bene…come a volersi distinguere o elevare dalla realtà in cui vivono!
Comunque alla simpatica mora chiedo lo stesso documento
– “Non esiste” mi risponde secca come se le avessi chiesto la cosa più stupida del mondo – “Ehm, no guardi me l’hanno appena fatto in Posta, mi servirebbe la stessa cosa!” – “Dunque, questo documento è illegale, perché per mettere quel bollo noi dobbiamo chiamare il responsabile legale che vada a prestare giuramento di autenticità in Prefettura, saltando su una gamba sola, con un dito nell’orecchio mentre canta We are the Champions al contrario!” – “Ok, allora non avete qualcosa di meno difficile da produrre che possa aiutarmi? Un estratto conto, o una lista movimenti semplice, ma almeno con il logo della Banca?” – “Allora, estratto conto e lista movimenti sono la stessa cosa! Ma la lista movimenti non ha loghi né firme, mentre l’estratto conto con l’indicazione dei movimenti si produce ogni trimestre, quindi torni a fine marzo!”
Torno a casa sconsolata…mi metto davanti al mio computer ed entro nel sito della mia Banca per cercare di farmi un po’ di cultura sulla terminologia tecnica da poter sbattere in faccia alla prossima addetta alle sportello. Vado nella sezione documenti, e lì trovo, illuminato da una luce divina “Lista movimenti”. Entro, metto le date che mi servono, e mi si apre uno splendido PDF, proprio quello che cercavo! Allora esiste brutta antipatica!
Io ho lavorato per qualche anno nelle vendite e nella mia esperienza ho capito che un buon venditore non è quello che vende semplicemente di più, ma è quello che riesce a capire cosa vuole il cliente, e che gli va incontro risolvendogli il maggior numero di problemi. Forse la gente è così arrabbiata con le Banche in Italia non solo perché hanno lucrato sui risparmi altrui nella più totale mancanza di rispetto verso i conto correntisti ed i loro problemi. Ma soprattutto perché hanno trattato le persone a pesci in faccia ed approfittandosi del fatto che non sempre avessero conoscenze adeguate a capire gli investimenti che la Banca stessa stava loro consigliando.
Di base c’è il fatto che in Italia, appena una persona passa dall’altra parte dello sportello si crede superiore, migliore, elitaria (ci sono le dovute eccezioni, ovviamente!) E’ una questione di attitudine più che di sistema (che pure esiste!) Le persone che lavorano a contatto con la gente dovrebbero capire che stanno semplicemente svolgendo un lavoro a servizio di altre persone, e che questo lavoro, e la vita in generale possono avere due orientamenti: possono essere orientati alla risoluzione dei problemi, in modo pratico, veloce ed efficiente, oppure possono essere orientati all’odio e al disprezzo verso glia altri, e all’arroganza che serve per credersi migliori. E’ dalla risposta a questa domanda che dipende la civiltà di una società.
Il mio anno di Servizio Civile in Ecuador è ormai terminato, perciò è arrivato il momento degli addii. Ho passato gli ultimi giorni viaggiando per salutare le persone che ho sentito più vicine in questo periodo, e che mi mancheranno di più, e ho cominciato a tirare le somme di questa esperienza.
E’ stato un anno pieno di sorprese dubbi e soddisfazioni, durante il quale ho imparato moltissimo dalle persone che mi hanno aiutata e anche da quelle che mi hanno ostacolata. Ho fatto cose che non avrei pensato con persone che non avrei voluto. Ho conosciuto gente alla quale, se non fosse stato per questo Servizio Civile, non mi sarei mai avvicinata, che non avrei cercato. Missionari, con i quali credevo di non avere nulla a che fare, e con cui, invece, ho trovato molti più punti di contatto che di distanza, persone che si sono rivelate modelli da seguire, umanamente e professionalmente.
E così mi viene da riflettere: Quante volte ci evitiamo di intraprendere o approfondire conoscenze o relazioni in base a pregiudizi o a idee sbagliate sull’Altro? Quante volte ci precludiamo meravigliose esperienze perché pensiamo che l’Altro ci metterà in difficoltà?
Ora guardo il mappamondo, e metto un altro puntino in un altro Stato: nuove latitudini alle quali mandare cartoline, nuovi fusi orari da calcolare nelle future comunicazioni, nuove persone a cui scrivere da lontano e le cui foto seguire in Facebook.
Adesso ripenso a tutti i giudizi affrettati, i pensieri avventati e le frasi azzardate…ricordo il modo in cui ognuno dei miei ex colleghi mi lasciasse perplessa: Alex, la contabile casinista che riusciva a chattare con le amiche, raccontarmi dei dispetti della sua odiata suocera, rispondere al telefono e scrivere una mail senza neanche guardare schermo e tastiera contemporaneamente! Detestavo il suo disordine e il modo in cui riuscisse a propagare caos intorno a sè! Poco tempo dopo, invece, ho cominciato a capire e ad apprezzare l’utilità di una collega come Alex: affianco a lei chiunque sembra ordinatissimo, e in ufficio non si perde mai nulla, perché tutto quello che non si trova ce l’ha sicuramente lei nel suo mucchio di scartoffie e file aperti! Una garanzia!!!
Franklin e Jhonny, i due fratelli carpentieri che aiutavano con le riparazioni in ufficio e in negozio, che all’inizio non ne volevano sapere niente di cambiare la disposizione dei mobili per dare più visibilità a cose diverse, e che alla fine si credevano quasi arredatori e discutevano tra di loro su se il divano stesse meglio al lato del tavolino o sotto lo specchio! Janeath, la venditrice che diceva di sì a tutto e poi non faceva mai niente! Mayra, la responsabile amministrativa che quando stava per arrabbiarsi sgranava gli occhi e ci faceva correre a tutti per la paura, Maria, la signora che aiutava con la gestione della casa, una mamma e una confidente per tutti noi, ma che quando parlava non si capiva mai un accidenti perché non usava mai i soggetti e Silvia, la trabajadora social, alta un metro e cinquanta con tacchi, dai quali non si separava mai, neppure per scherzo!!! E infine Giovanni e Vanda, i due Missionari responsabili delle attività di Quito: lui biondo e occhi azzurri, con il suo sorriso smagliante faceva innamorare tutti i clienti, e sua moglie, all’apparenza burbera e severa, e in realtà dolce e simpatica una volta che si lasciava andare!
Ora mi pongo solo un’unica grossa domanda: cosa farò adesso? Dopo aver visto tanta povertà, tante differenze sociali, tanta disperazione, è possibile tornare a casa e riprendere la propria vita normale fatta di shopping, centri commerciali e aperitivi? E’ possibile sconnettersi da quella realtà e ricominciare da capo da un’altra parte?
Come molti di voi sapranno, io mi trovo in Ecuador per svolgere un anno di Servizio Civile con una ONG di Ferrara che si chiama IBO Italia.
Durante questo anno mi sono anche occupata della parte della comunicazione, e ho curato gli articoli che si trovano nella pagina del progetto in Ecuador, oltre ad aver scritto diversi contributi per la sezione delle Testimonianze dei volontari.
Quest’anno, per il secondo anno consecutivo, IBO Italia ha lanciato il concorso letterario “Raccontiamoci un’esperienza”. Il primo premio, assegnato per ″l’efficacia del racconto di un’esperienza maturata nel mezzo dell’indigenza e della miseria equadoregne, finalizzata a promuovere e valorizzare il contrasto alla rassegnazione″ è andato a me!
Vi propongo qui sotto l′articolo vincitore…spero che vi piaccia!
“Chi accetta passivamente il male, è colpevole quanto chi lo perpetua. Chi accetta il male senza protestare, sta cooperando con esso”.
Ho sempre fermamente creduto in questa frase di Martin Luther King. È una di quelle frasi sulle quali siamo tutti d’accordo…tutti sappiamo, in teoria, cosa è male e cosa è bene. Quando al telegiornale vediamo un servizio sui bambini africani con le pance piene di acqua, sappiamo che è male. Quando vediamo qualcuno che fa volontariato, sappiamo che è bene. Tutti sappiamo che ci sono problemi globali, come la fame, la povertà, la disuguaglianza, la mancanza di democrazia, e tutti sappiamo che è male. Per questo prima di partire per questo servizio civile, pensavo di essere preparata a tutto. Conoscevo questi problemi: sono laureata in Relazioni Internazionali, li avevo studiati così a lungo e da così tanti punti di vista! Avevo già viaggiato, avevo già trovato situazioni difficili sul mio cammino. Ma poi le Ande dell’Ecuador mi hanno mostrato una povertà che, sebbene conoscessi in teoria, mi ha sconvolto per la sua portata!
Manuel, di una Comunità di Isinliví, Provincia del Cotopaxi, mezzo cieco e quasi totalmente sordo. Vive solo perché è vedovo, e perché i suoi figli se ne sono tutti andati alla ricerca di un lavoro in città. Sebbene anche loro siano condannati ad una povertà strutturale, sentono di aver scalato almeno un gradino della scala sociale, perché sono poveri cittadini e non campagnoli, e non ci stanno a tornare nel posto da cui vengono, perché potrebbe ricordare loro chi sono.
Maria Caluña, una signora di Angamarca, sempre Cotopaxi, anche lei anziana e con un’ulcera perforata nella cornea di un occhio, è caduta da una scalinata mentre tornava a casa. Sola al mondo e senza sapere cosa fare si è trascinata a casa sua dove si è subito messa a letto. Chiara, l’infermiera del Paese, altra volontaria in Servizio Civile come me, non vedendola arrivare a prendere le medicine per l’occhio si è allarmata ed è andata a cercarla.
Milena, bambina di 8 anni della minuscola Comunità di Sumaló, vicino a Pujilí e sempre nel Cotopaxi. Tutti i suoi fratelli prima di lei sono morti di una forma di distrofia muscolare precoce. Sua madre non vuole perdere anche lei, ma non sa cosa fare. Quando i medici le parlano, non capisce. Non sa esattamente quando è nata la figlia, conosce l’anno, e si ricorda che è stato durante il raccolto di broccoli, che qui si realizza 3 volte all’anno, ma non sa davvero quale.
Il mio progetto di Servizio Civile, il progetto Cooper-Attiva, aiuta tutte queste persone appoggiando il lavoro del partner locale in Ecuador con la consegna periodica di pacchi alimentari e con l’aiuto alle popolazioni indigene nelle Comunità più povere del Paese.
Manuel non è da solo: i volontari di Isinliví vanno due volte a settimana a visitarlo per controllare che tutto vada bene, e lo aiutano a tenere l’orto in ordine.
Maria Caluña dopo essere stata visitata è stata subito trasportata all’Ospedale di Quito dove le è stato diagnosticato un ematoma epidurale da operare con la massima urgenza. L’operazione realizzata con successo quella stessa mattina l’ha salvata: se fosse rimasta sola un altro giorno sarebbe morta.
Milena e sua madre sono state aiutate a trovare un dottore specializzato in malattie degenerative disposto a seguirle. Il medico ha preparato per la bambina una terapia che per ora sembra funzionare e lei ha ricominciato a camminare e sta iniziando a deglutire da sola.
Fino a questo momento la frase di Martin Luther King mi era sembrata poetica e di grande ispirazione. Credevo che tutti sapessimo cosa è male, credevo di saperlo io. Ma l’altro giorno a pranzo seduta davanti a Milena l’ho vista mangiare da sola per la prima volta dopo mesi. Vedere il suo sguardo così giovane e già così rassegnato a una vita di rinunce e di condanne cercare orgoglioso quello di sua madre in cerca di approvazione, è stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita. In quel momento mi sono sentita parte di un progetto buono, di un disegno più grande che va oltre me e i miei problemi personali. Va oltre la crisi, gli aperitivi mancati gli shopping ridotti. Va oltre le incomprensioni, le liti e le differenze.
Allora ho capito: “Chi accetta passivamente il male, è colpevole quanto chi lo perpetua. Chi accetta il male senza protestare, sta cooperando con esso”.
Scrivendo il mio ultimo post della sezione “Cuban Diaries” che trovate qui, ho ripensato ad alcuni momenti difficili della mia vita, ed all’importantissimo ruolo che hanno avuto i miei amici.
Nel corso della vita capita di incontrare persone che ti spingono ad essere migliore. Che ti insegnano cos’è veramente l’amicizia. Che ti aiutano ad avere più autostima e ti sostengono nei momenti più bui.
Amici che si trovano sparsi per il mondo, in Grecia, in Messico, in Brasile, a Cuba, in Canada, nel Regno Unito. Amici che sono sparsi per l’Italia, a Venezia, a Roma, a Salerno , Avellino o Brescia. Oppure che sono rimasti nello stesso luogo in cui li hai conosciuti, Mantova, Parma, Trento, Cuba, quando sei stata tu ad andare via.
Amici vecchi conosciuti in Italia e a Cuba, e nuovi, conosciuti in Ecuador. Persone profondamente diverse da te, che ti hanno insegnato a giudicare meno e a tollerare di più. Con le quali pensavi di non poter condividere nulla, e che invece ti hanno insegnato le lezioni più importanti della tua vita, al di là dei pregiudizi e degli stereotipi, semplicemente vivendo con te un pezzetto di vita ed accettandoti per quello che sei.
Vorrei dire grazie a tutte queste persone. Grazie per avermi arricchita. Grazie per avermi sostenuta. Grazie per avermi compresa.
“Many people will walk in and out of your life, but only true friends will leave footprints in your heart” Eleanor Roosevelt (….and I have lots of footprints in mine…)
L’Ecuador è l’unico Paese per il quale i cittadini cubani non hanno bisogno di visto. Possono entrare come turisti e rimanervi tre mesi, terminati i quali, se non si sono procurati un altro visto, devono ritornare a Cuba. Chiaramente per poter lasciare il territorio cubano, devono avere una carta de invitaciòn della persona che li riceverà nello Stato di destinazione, e il Governo cubano deve rilasciare loro un permiso de salida, e cioè un permesso che dica per quanto tempo le autorità migratorie cubane concederanno loro di permanere all’estero. Tale permesso è di durata variabile. Se il cittadino cubano all’estero volesse prolungare la sua permanenza, dovrebbe dirigersi presso un Consolato e pagare una tassamensile, per ogni mese in più passato fuori.
Proprio perché non serve visto per entrarvi, in Ecuador ci sono moltissimi Cubani, sono infatti la prima minoranza presente nello Stato, assieme a quella colombiana. Probabilmente, quando il Presidente Correa diceva a reti unificate di voler eliminare tutti i visti, non si aspettava che il proprio Paese sarebbe stato sommerso dai Cubani, e che avrebbero fatto carte false pur di uscire da quell’Isola che lui così tanto decantava….e ancora di più in un posto in cui si guadagna nella moneta del nemico: in dollari! Ovviamente quando parlo di carte false, lo intendo in senso profondamente letterale! Moltissimi sono stati i matrimoni combinati con Ecuadoriani in cambio di laute ricompense. E tutti hanno voluto lucrare sulla disperazione Made in Cuba, funzionari compresi, che hanno cominciato a chiedere soldi per “risolvere” i documenti ai Cubani in Ecuador!
Fino a poche settimane fa, i Cubani presenti in Ecuador senza visto non potevano essere espulsi dal territorio ecuadoriano poiché il Governo cubano non li accettava. Ma proprio a causa della massività del fenomeno migratorio da Cuba, le autorità dei due Paesi hanno raggiunto un accordo, e la polizia ha cominciato a battere i quartieri maggiormente popolati da Cubani, e a deportare quelli indocumentati. Pur sottolineando il diritto di ogni Stato di stabilire e far rispettare la propria politica migratoria, c’è da chiedersi se simili misure non siano contrarie al principio di diritto internazionale che vieta la retroattività di una norma: in pratica, non puoi essere sanzionato da una norma che non esisteva nel momento in cui hai commesso il fatto! Tale misura viene da uno Stato che da una parte concede l’asilo politico ad Assange, mentre dall’altra non ha paura di rispedire in Patria Cubani che nel frattempo hanno perso tutti i loro diritti di cittadini, e che verranno trattati come traditori dallo Stato, in un Paese in cui lo Stato controlla tutto, dal lavoro alla sanità!
Per questo molti Cubani nelle ultime settimane si sono armati di coraggio e, zaino in spalla, hanno cominciato a percorrere tutta l’America Centrale, sperando di arrivare vivi fino agli Stati Uniti dove possono essere accolti come rifugiati politici. Lo fanno grazie a una guida di poche pagine che circola in internet e sta passando di mano in mano, e che spiega in dettaglio il tragitto da percorrere, indicando dove cambiare i soldi, dove rimanere a dormire, e che ogni Cubano ha contribuito ad arricchire dal momento in cui è stata scritta ad ora con la propria esperienza diretta.
Così questi Cubani decidono di ricominciare di nuovo tutto da capo, rimettersi di nuovo in pericolo, e attraversare Ecuador, Colombia, Panamà, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, Guatemala e Messico per passare la frontiera con gli USA. Lo fanno a piedi, affidandosi alla sorte e sapendo che attraverseranno alcuni degli Stati con il maggiore tasso di criminalità del Mondo. Senza rimpianti, senza troppe esitazioni, e senza dirlo a troppa gente, lo fanno perché, una volta assaggiata la libertà fuori Cuba, farebbero di tutto pur di non tornarci! Lo fanno perché sono sicuri che da qualche parte deve pur esistere una vita migliore, e forse sbagliando, sperano che si trovi negli States.
A tutti quei Cubani che hanno deciso o decideranno di intraprendere un simile viaggio contro la propria stessa vita, per rincorrere il sogno di una miglior vita, io mando un enorme abbraccio, e auguro la migliore fortuna...perché non c’è vita che vale la pena di essere vissuta senza libertà, e perché qualsiasi uomo capace di correre ogni rischio per inseguire la sua libertà, dentro e fuori Cuba, merita tutto il rispetto.
Henrique Capriles Radonski è il primo candidato ad avere delle reali chance di vittoria nelle prossime elezioni del 7 ottobre contro Hugo Chavez, Presidente venezuelano ormai in carica dal 1999.
Capriles ha 40 anni ed è stato prima sindaco di Baruta (dove è riuscito ad abbassare in modo impressionante il tasso di criminalità locale) e poi Governatore di uno degli Stati economicamente più importanti di tutto il Venezuela (quello con il più alto Indice di Sviluppo Umano), imponendosi per la sua capacità di migliorare e rendere più efficiente il sistema educativo locale. La vera forza di Capriles in queste elezioni è che è totalmente diverso da Chavez! Uomo di poche parole, discreto e quasi timido, ha un’aria dimessa e assolutamente non pomposa…sobria come la chiameremmo noi Italiani! Nella contrapposizione con un Chavez logorroico, perennemente esagerato e con un livello culturale infimo, ne esce sicuramente vincitore. (Qui sotto possiamo osservare il monito di Chavez ai suoi cittadini: recenti studi hanno dimostrato che su Marte c’è stata civilizzazione, e che è terminata per colpa del capitalismo e dell’imperialismo! Attenzione abitanti del Pianeta Terra!!! Poi non dite che non vi avevo avvertito!)
Chiaramente non cominciò così! Anzi! In questa intervista rilasciata al celebre giornalista Jorge Ramos pochi giorni prima della sua elezione, possiamo sentire un giovanissimo Chavez giurare di non avere la minima intenzione di tenersi il potere tutto per sé. Assicura non solo di non nazionalizzare nulla, ma di rendere il Venezuela attraente agli occhi degli investitori stranieri, e giura anche di non avere l’intenzione di nazionalizzare alcun mezzo di comunicazione, al contrario: auspica il rafforzamento di quelli privati già esistenti.
La storia è poi andata diversamente: Chavez ha nazionalizzato tutti i mezzi di produzione di energia, a cominciare dalla Petroleo de Venezuela, con la quale ha potuto poi sovvenzionare tutti i suoi amici latinoamericani, Cubani in primis, ma anche Ecuadoriani, Boliviani e Argentini, regalando loro petrolio e prestiti a fondo perduto quando le loro strampalate politiche economiche hanno dimostrato la propria inefficienza, in cambio di appoggio politico e militare in caso di bisogno. Il nuovo sogno del Socialismo del XXI Secolo è irrealizzabile senza il Venezuela che lo finanzia con barili di petrolio gratis…e i leader socialisti latinoamericani diventerebbero solo un pallido ricordo di un maldestro tentativo fallito sul nascere! Ma chi davvero trema all’idea di una possibile non rielezione di Chavez è Cuba, visto che il Venezuela è diventato l’asse portante della sua economia!
L’Ecuador è l’unico Paese per il quale i cittadini cubani non hanno bisogno di visto (hanno bisogno della carta de invitaciòn, però non del visto). Possono entrare come turisti e rimanere qui 3 mesi, al termine dei quali, se non si sono procurati un altro visto, devono ritornare a Cuba. Per poter uscire da Cuba i Cubani devono avere un permesso di uscita che permette loro di stare fuori per una certa quantità di tempo. Passato questo tempo, devono andare ogni mese al Consolato Cubano nel paese nel quale si trovano e pagare una tassa di 40 dollari o 40 euro per ogni mese in più di permanenza all’estero.
Molti Cubani vivono questa tassa come un’ingiustizia (e anche cara, perché 40 dollari per chi vive in Ecuador sono molti, un settimo dello stipendio base!) e non sono disposti a tollerarla, perciò non la pagano. Non pagando, però, perdono tutti i diritti che hanno a Cuba, perdono la casa, se ne avevano una, la macchina se ne avevano una (quei pochi che ne avevano una), e il diritto alle razioni della libreta.
Visto che la maggior parte della gente che esce da Cuba è fermamente decisa a tornarci solo come turista, prima di uscire dall’Isola vende ogni cosa che può, racimola un po’ di soldi, e se ne va senza guardarsi indietro.
In Ecuador ci sono moltissimi Cubani, sono infatti la prima minoranza presente nello Stato, assieme ai colombiani. Complice il fatto che il Governo Cubano non accetta deportati usciti da Cuba e rimasti illegalmente in altri Paesi, molti cubani qui non si sono mai preoccupati di ottenere un visto per rimanere dopo la scadenza del periodo permesso per turismo. Probabilmente, quando il Presidente Correa diceva a reti unificate di voler eliminare tutti i visti, non non si aspettava che il proprio Paese sarebbe stato sommerso dai Cubani che avrebbero fatto carte false pur di uscire dall’Isola da lui così tanto decantata….e molto meglio in un posto dove si guadagna nella moneta del nemico: in dollari!
Ovviamente quando parlo di carte false, lo intendo in senso profondamente letterale! Infatti sono stati molti i Cubani che si sono sposati con Ecuadoriani pur di avere la residenza dietro laute ricompense! Anche perché, a fronte di frontiere presumibilmente aperte verso i “fratelli” caraibici, c’erano precise istruzioni alle autorità di Imigraciòn per rendere quanto più difficile possibile la permanenza dei Cubani in Ecuador, e per questo i documenti dei Cubani erano molto più lenti ad arrivare rispetto a quelli degli Italiani, o dei Francesi, questo quando non andavano direttamente persi! Senza parlare del fatto che tutti hanno voluto lucrare sulla disperazione Made in Cuba, funzionari compresi, i quali hanno cominciato a chiedere soldi “Por la Izquierda”, e cioè illegalmente, per “risolvere” i documenti ai Cubani, e senza soldi…niente documenti!
A causa della massività del fenomeno, l’Ecuador ha ora deciso che le frontiere devono rimanere aperte…soprattutto in uscita! E quindi ha cominciato deportazioni di tutti gli stranieri illegali sul proprio territorio. E’ sicuramente un diritto delle autorità ecuadoriane, come di quelle di qualsiasi altro Stato, il controllare la migrazione al proprio interno, eppure, c’è qualcosa che mi sembra profondamente ipocrita in tutta questa storia. Soprattutto perché non si può affrontare un fenomeno, senza chiedersi cosa lo scatena! Ed è, appunto, davvero ipocrita inneggiare a un sistema come quello Cubano, facendo finta di non vedere che se questo sistema produce così tanti emigrati, un motivo ci sarà pure! E c’è un aspetto che non viene considerato né dal Governo ecuadoriano, e certamente non da quello cubano! Cosa fare di tutti quei Cubani che, in virtù di una misura pre-esistente a questa situazione, sono rimasti senza nulla a Cuba, senza diritti né proprietà? Quale sarà la loro condizione al ritorno a Cuba? Trattati come traditori da un Governo nel quale saranno obbligati a restare, perché è fuori da ogni dubbio che a loro non verrà mai più data la possibilità di uscire. Quale sarà il loro status al rientro, e che alternative avranno una volta tornati?.
Ma soprattutto, è giusto che dei cittadini che hanno avuto la sola colpa di essersi fidati di una posizione del loro Governo, vengano puniti da una norma che è entrata in vigore dopo la loro uscita? Ci sono Cubani che vivono qui da diversi anni, e allora non potevano sapere che anni dopo sarebbe entrata in vigore questa norma con portata retroattiva. Certo, parlare di principi di diritto internazionale a uno Stato che ha sistematicamente violato ogni fondamentale libertà individuale è cosa ardua…ma di una cosa c’è da stare sicuri: è sempre meglio diffidare di Stati disposti a ricorrere a ogni tipo di demagogia per far bella figura internazionalmente a discapito dei propri cittadini!