Cuba: l’incubo dei parenti in casa!

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Dopo qualche settimana, a Pedro il nuovo appartamento comincia a piacere, mentre io comincio ad odiarlo!
Ogni volta che un autobus passa per strada, tutte le mura tremano, e la crepa che parte dal pavimento ed arriva al soffitto si allarga sempre un pochino di più. A causa della mancanza dello scarico e di un lavandino in bagno le condizioni igieniche sono così scarse che da quando siamo arrivati ho la cistite permanente! Oltretutto, il materasso è talmente pieno di polvere che ho avuto pure la congiuntivite, e come se non bastasse mi è venuto fuori l’herpes più grande della mia vita. La mia capa del Granma, la Poiana, mi ha detto che i medici cubani innovatori della medicina a livello mondiale ormai da tempo hanno stabilito che l’acyclovir per l’herpes è inutile
“Quelle sono cose che ci mettono in testa i medici servi delle case farmaceutiche capitaliste che vogliono che la gente si ammali ancora di più, così possono vendere più medicine! Qui tutti usano il dentifricio! Tu spalmane un po’ sulla ferita e vedrai che ti si secca da sola”.

Certo la Poiana evita di dire che, anche volendo, sono mesi che l’industria farmaceutica cubana non produce acyclovir, e quindi non si può davvero scegliere tra il comprare la medicina e il ricorrere al rimedio naturale, visto che si trova solo il rimedio naturale (rigorosamente in CUC)! E quindi dentifricio sia! Comincio a spalmarmelo, ma il problema è che la mia ricerca dell’acyclovir farmacia per farmacia sotto il cocente sole cubano non ha fatto altro che aggravare il mio herpes, che adesso mi prende metà faccia dal mento fino a quasi gli occhi!

Ovviamente in queste condizioni non vado a lavoro, e perciò me ne sto a casa riguardandomi di nuovo tutte le puntate di Desperate Houswives e Los Sopranos che mi sono portata dall’Italia in compagnia di Scooby-Doo, uno dei cuccioli partoriti dal cane nel vecchio appartamento di Boyeros e che abbiamo deciso di portarci con noi (l’unico ricordo positivo di quella casa!)

Dopo qualche giorno a base di Cistalgan (miracolosamente portato dall’Italia) e dentifricio (non sono sicura che curi l’herpes, ma almeno rinfresca e riduce la voglia di grattarsi) comincio a sentirmi meglio, più riposata, e più rilassata. Sono riuscita a pulire l’armadio, che era apparentemente il posto in cui le cucarachas del qurartiere venivano a morire, e ci ho sistemato i miei vestiti, ho trovato un posto a tutte le mie cose, e finalmente inzio a sentire quell’appartamento pieno di crepe e polvere come casa.
Proprio mentre sono intenta a pensare che l’essere umano riesce proprio ad adattarsi a tutto…Pedro torna a casa dal lavoro eccitato e con una grande novità:
“Mia sorella e il suo ragazzo vengono a trovarci all’Avana la settimana prossima!!!”
“Ah….che bella notizia…ma quanti giorni si fermano?” chiedo pensando che ci sono rimasti solo 60 CUC da parte. L’ultima volta che un su zio è venuto a trovarci non se ne voleva più andare, quindi questa volta che vengono addirittura in due, sono seriamente preoccupata!
“Non lo so, non ho chiesto, si fermano quanto vogliono!”
Lo guardo perplessa mentre sento nuove bolle che mi spuntano in faccia e un’irrefrenabile voglia di andare in bagno. Afferro Scooby ed esco di casa “Dove vai?” mi grida Pedro dalla finestra “A comprare dentifricio finché lo trovo” gli rispondo urlando. Saranno due settimane difficili.

L’insicurezza delle donne

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Nell’estate del 1998 io e una mia amica abbiamo cominciato a lavorare nel bar delle piscine del mio paese. A 200 metri da casa mia, era il tipico bar di provincia frequentato dai vecchietti che giocano a carte e fanno colazione con pane e salame accompagnato dal bicchiere di bianchino.
Una mattina mentre stavo per cominciare il mio turno, noto che la mia amica, che aveva portato un caffè al tavolo a un cliente abituale seduto fuori, è in piedi accanto al lui, pietrificata. L’adorabile vecchietto, mio vicino di casa, le cingeva le spalle con un braccio, mentre con l’altra mano le accarezzava il seno, il tutto mentre le parlava con una voce affabile chiedendole come stava la famiglia.
Lei era immobile, spaventata, sorpresa. Non sapendo cosa fare, la chiamo per liberarla dalle grinfie del vecchio, e insieme andiamo a raccontare tutto alla proprietaria, una ragazza di poco meno di 30 anni ottima amica di entrambe le nostre sorelle maggiori.
Sentito tutto lei ci guarda e con sarcasmo ci risponde “Non sapete che i nostri clienti sono dei vecchi porci? Se voi gli date confidenza cosa vi aspettate in cambio? E’ colpa vostra”.

 

Era il 2004, io avevo 21 anni ancora da compiere e studiavo a Parma. Di sera lavoravo in un pub che quell’anno era molto in voga: l’XXL. Cominciavamo a lavorare alle 19, e finivamo solo intorno alle 4 della mattina, quando di solito andavamo a mangiare nell’unico ristorante in città aperto tutta la notte. Era il tipico posto in cui gli uomini portavano le amanti dopo una notte brava, scegliendo il tavolo nell’angolo più buio e sperando di non essere riconosciuti da nessuno (un’utopia in un posto piccolo come Parma).
Una sera, subito dopo di noi, arrivano i ragazzi più temuti da ogni ristoratore dei paraggi per la loro fama di selvaggi: i giocatori del Rugby Parma.
I rugbisti, seduti a una tavolo vicino al nostro, cominciano a lanciare pezzi di grissini nella scollatura di Maria, una delle mie colleghe. Il fratello, Paolo, seduto accanto a lei, si scalda subito e scatta la rissa. Mezz’ora dopo, quando i carabinieri sono già sul posto, Paolo con aria furiosa si gira verso Maria e le dice “Però pure tu puoi evitare di andare in giro con le tette al vento e che cazzo!”

E’ il 2013 e ho 29 anni. Lo scorso fine settimana sono andata ad una festa in maschera con i miei nuovi colleghi londinesi (quasi tutti spagnoli, italiani e portoghesi) e con un paio di vecchi amici. L’aria è leggera e festosa, tutti bevono, si divertono e parlano tra di loro. Un ragazzo portoghese mi si avvicina e ho l’impressione che ci voglia un po’ provare. Mi allontano stupita (tutti sappiamo che a lui piace un’altra ragazza) pensando che magari abbia esagerato un po’ col vino. Il mattino dopo ne parlo con i miei amici, e uno di loro, che mi conosce da diversi anni e la cui idea rispettavo, mi dice: “Ma se tu sorridi a un uomo cosa vuoi che pensi lui? Io te lo dico da uomo: noi siamo fatti così, tocca a voi limitarvi ed evitare che certe cose accadano”.

Ultimamente mi sono spesso chiesta il perché le donne vivano un sentimento di inferiorità rispetto agli uomini. Perché è più probabile che le donne si sentano più insicure degli uomini? Perché è più probabile che le donne mettano in discussione la loro vita e il loro lavoro, mentre gli uomini no? Perché, come dice Sheryl Sandeberg ex CEO di Facebook e una delle donne più influenti del mondo nel suo libro “Lean In” gli uomini sono educati per essere aggressivi ed assertivi e per diventare leader, mentre le donne al limite sono “bossy”? Perché ci sono interazioni positive tra successo e consenso sociale nel caso degli uomini, e interazioni negative tra gli stessi due fattori nel caso delle donne? La Sheryl in ogni sua intervista afferma: “Voglio essere chiara: non sto dicendo che gli uomini abbiano troppa fiducia in sé stessi. Non è questo il problema. Semmai, mi chiedo perché le donne ne hanno così poca!”

Ci ho pensato a lungo e ho capito una cosa: come è possibile sperare di avere donne più “confident“, che si sentano sicure, in grado di assumerela leadership e di avere successo, quando qualsiasi cosa succeda intorno a una donna, è per colpa sua?  Come è possibile aspettarsi che una donna cresca sicura e convinta di sé quando viene continuamente criticata fin dalla tenera età, e giudicata nei suoi aspetti più intimi e delicati, nel fulcro della sua sicurezza e convinzione: la sua integrità?
Ma soprattutto, come possiamo ragionevolmente aspettarci di diventare donne forti e sicure quando chi ci giudica in modo così spietato e crudele, chi ci scruta incessantemente per farci notare quando siamo inadatte ed inadeguate, chi ci condanna a una vita di insicurezza e sfiducia in noi stesse, non solo è gente che conosciamo, ma si tratta addirittura dei nostri padri, i nostri fratelli, i nostri mariti, i nostri figli, i nostri amici. Cosa ci si può aspettare da una donna che vive sotto la minaccia di essere giudicata da chi ama e rispetta di più? Dalle persone che le stanno più vicino, e i cui giudizi sono quindi più spietati e crudeli? Non è verosimile che quella donna crescerà sentendosi insicura e meno in grado di affermarsi e sentirsi realizzata?

Infine, concettualmente, una donna giudicata e offesa nella sua integrità perché osa essere gentile con un cliente, perché si permette di indossare una maglia scollata, o perché sorride a un collega…è davvero diversa da una donna afghana costretta a portare il Burqa perché senza sarebbe troppo provocanti? Siamo sul serio così lontane da quel modello di donna che percepiamo come sottomesso?

In tutta sincerità credo di no: non solo penso che siamo molto vicine alle nostre simili afghane, ma credo anche che non ci vorrebbe poi molto a diventare come loro. 

Cuba scopre l’Internet

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C’è un numero limitato di posti di lavoro sull’Isola che godono di un enorme privilegio: l’internet! Anche io, quando lavoravo al Granma ne godevo. Come me anche i miei colleghi, ma curiosamente, erano restii ad utilizzarlo, perché avevano paura che se fossero entrati in siti considerati poco raccomandabili, come quello del “Nuevo Herald” o “El Pais”, giornali notoriamente “nemici” dei Castro, sarebbero stati controllati e puntiti. Ovviamente quando parlo di giornali nemici, intendo giornali che esprimono punti di vista autonomi sulla realtà cubana senza edulcorarne troppo risultati che in verità non ci sono. Come fa anche questo blog, che infatti è pure lui “Nemico”.

Ne ho avuto un’eccellente ulteriore prova quando, subito dopo la sua apertura, alcuni miei amici cubani che vivono all’estero e non più a Cuba, mi hanno chiesto di evitare di pubblicare i miei post nella mia pagina Facebook, perché per loro sarebbe potuto essere un problema avermi come amica. Va da se che alcuni di loro mi hanno tolto l’amicizia tra il III e il X post.

In via generale si può dire che l’Internet a Cuba è illegale. Il Governo, che negli anni ’90 aveva definito l’Internet la “Grande Malattia del Secolo XXI” sostiene che le connessioni internet domestiche vengano riservate solo a individui di provata fedeltà al Partito e traiettoria comunista.
In realtà ETECSA, la compagnia che gestisce le Telecomunicazioni a Cuba sosteneva di avere un numero limitato di connessioni a causa della debolezza dell’internet satellitare a cui si allaccia l’Isola. Quindi, proprio per la limitata capacità della linea, non tutti potevano avere il lusso dell’internet, ma solo comprovati professionisti che lo usavano per scopi utili alla società.

Perciò, quelo che succedeva è che chi aveva i requisiti, si appuntava ad una lista di attesa, e mano a mano che si liberavano utenze, perché i vecchi abbonati cedevano la propria linea, si pescavano persone dalla lista. Chiaramente, come tutto a Cuba, un simile meccanismo era fonte di grande corruzione, perché chi stava in lista pagava i funzionari per scavalcare chi stava davanti ed andare ad occupare le prime posizioni.
Ma la prima domanda a cui si doveva rispondere era: “Con quali soldi pagherai il servizio?” Perché in un Paese in cui lo stipendio medio supera di poco i 16 euro, come fa un cittadino comune a permettersi di pagare decine di CUC al mese di Internet?
Perciò molto spesso solamente gli stranieri residenti a Cuba potevano provare di avere soldi a sufficienza e legittimi per la connessione (tra i Cubani c’erano solo quelli che erano stati in missione all’estero per qualche anno e tornavano con i soldi guadagnati).

Ora tutto è cambiato: improvvisamente il Governo ha aperto 118 internet point in tutta l’Isola con tariffe differenziate a seconda dei servizi offerti (0,60 CUC all’ora per l’utilizzo di intranet, 1,50 CUC all’ora per l’utilizzo di un account di posta elettronica, 4,50 CUC all’ora per la navigazione normale). In un’interessante intervista al Vice Ministro delle Comunicazioni Wilfredo González Vidal che potete trovare qui, Wilfredo afferma che l’obiettivo del Governo è quello di sviluppare ulteriormente il settore dell’Informatica arrivando a toccare anche servizi inalambrici come il WI FI e la connessione via cellulare.

Il popolo ha sicuramente accolto con favore queste riforme, e d’altronde il Governo Cubano è diventato un maestro nel capire che a volte la cessione di piccole porzioni di libertà ai cittadini sono vitali per la propria sopravvivenza. Ora spetterà ai cittadini, che al giorno dell’apertura degli internet point erano già in fila per poter accedere ai servizi internet, decidere l’uso che gli daranno. Lo utilizzeranno solo per postare su facebook i video di reggaeton, o qualcuno diventerà lo Yoani Sanchez del futuro e capirà che con l’internet si abbattono le dittaure?

Il mio nuovo appartamento in solar in 10 de Octubre

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Cuba – Giugno 2009

La prima volta che vediamo la casa nuova mi sento svenire.
Intanto si trova in un solar. I solares sono agglomerati di case che prima erano probabilmente unite in una costruzione unica. Con la vittoria della Rivoluzione, tutte le grandi ville delle famiglie ricche e potenti furono requisite e donate alla gente. L’inesperienza del Nuovo Governo Rivoluzionario, assieme al populismo, fecerò però enormi danni al patrimonio architettonico cubano: molte costruzioni, nella mancanza di una legge urbanistica che desse le linee giuda, vennero smembrate e divennero appartamenti improbabili che non rispettavano neanche le più elementari norme di igiene, sicurezza e vivibilità. Gli anni non fecero che peggiorare uleriormente la situazione: appartamenti senza muri maestri che cadevano al primo acquazzone, stanze nelle quali vivano famiglie di oltre 6 persone, senza finestre, o entrate indipendenti.
Questo è un solar.

Per arrivare all’appartamento dobbiamo entrare in uno strettissimo corridoio in pietra impregnato di odore di urina. Nel centro del solar si affacciano tre minuscoli appartamenti, così piccoli che quando il signore che vive sotto di noi si stende sul divanetto davanti alla tv, deve tirare le gambe fuori dalla porta dall’altezza del ginocchio in giù.
Nel mezzo del solar c’è la tipica scala, anche quella in pietra, che passa per altri due appartamenti prima di arrivare al nostro.

La porta di entrata dà su una saletta tenuta bene, ridipinta e senza crepe. Incoraggiante! Tutto cambia dalla stanza da letto in poi! La stanza, senza finestre, è piena di crepe che mi sembrano aprirsi a vista d’occhio. Su un angolo del soffitto c’è un buco tappato con degli stracci.
“Fin’ora sono riuscito a sistemare solo la prima sala. Con il vostro aiuto il resto dei lavori sarà più facile” ci dice il padre di Ricardo guardandosi intorno fiducioso. E’ possibile che siamo su una porta spazio-temporale che ci stia mostrando due universi paralleli totalmente diversi tra loro? Non può essere che stiamo guardando la stessa stanza, penso notando la sua espressione e la mia in uno specchio pieno di macchie davanti a noi.

Sul fondo dell’appartamento ci sono il bagno (a sinistra) e la cucina (a destra). Le stanze non sono stanze, ma sono strice così sottili, che la doccia è direttamente sul water, e non c’è spazio per il rubinetto. Nessuna stanza ha porte. Comincia a mancarmi l’aria.
La cucina è sottile quanto il bagno. Per cucinare con il cucinotto di quelli portabili a 2 fuochi bisogna stare con le spalle al muro…letteralmente. Il lavandino concede un po’ più di margine perché sta proprio sulla porta, quindi si possono lavare i piatti stando in realtà nella stanza da letto.

Quando provo ad aprire il rubinetto il padre di Ricardo si precipita verso di me e mi ferma.
“Questa è la prossima cosa che devo fare!”
Lo guardo incerta…a cosa si riferisce? Poi noto che il lavandino non ha i tubi di scarico. Cioè l’acqua che entra nel lavandino finisce direttamente a terra. Quindi dobbiamo tenere un secchio sotto il buco per racogliere l’acqua di scarico.
Il padre di Ricardo mi fa l’occhiolino e mi dice in tono scherzoso “Ma tanto lo scarico del bagno non funziona, quindi dovevate comunque scaricarci l’acqua dentro!”

A me, è passata la voglia di ridere.

The good wife

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Oggi, mentre ero in metro andando a lavoro, ho letto un interessante articolo su come il modello di compagna (sposata o meno) si sia evoluto dagli anni ’50 ad ora.

L’immagine della “Good Wife” di metà secolo che sapeva cucinare, pulire, rassettare e comprendere la sua dolce metà, senza mai un grembiule sporco, con tonnellate di mascara sulle ciglia e i capelli in ordine non esiste più. Quelli erano gli anni ’50. Nel frattempo c’è stata la rivoluzione sessuale. Grazie alla pillola le donne sono diventate proprietarie del proprio corpo della propria sessualità. Sono arrivate le leggi sul divorzio e quelle sull’aborto che, favorevoli o no, hanno rivoluzionato il modo in cui le donne vivono i loro rapporti di coppia.

Ormai “donna-in-carriera” non è più una contraddizione in termini. Tutte le donne sono in carriera, tutte le donne cercano un lavoro che le soddisfi mentre, con l’aiuto dei loro mariti, stanno dietro alla casa e ai loro figli.

O no?

Nei Paesi OCSE l’Italia viene solo prima del Messico e della Turchia per percentuale di donne che lavorano: secondo la confesercenti le lavoratrici italiane costituiscono il 40,6% di tutta l’occupazione. Ovviamente le donne, quando lavorano, non rivestono ruoli manageriali. Infatti il 73% dei dirigenti, l’81% di imprenditori, il 71% di liberi professionisti, il 75,6% di lavoratori in proprio, e il 65,3% di soci di cooperativa sono portatori sani di pene. La situazione si inverte per le figure di coadiuvante famigliare, per le occupate con co.co.co e per le prestazioni d’opera occasionale.

Una delle cause maggiori della disoccupazione femminile in Italia è la maternità: una donna su quattro, infatti, lascia il lavoro alla nascita del primo figlio. E il tasso di occupazione diminuisce in modo inversamente proporzionale a quello dei figli. Nello specifico, il 63% delle donne senza figli ha un lavoro. Ma la percentuale diminuisce alla nascita del primo figlio (58%). Al secondo si arriva al 54% mentre dal terzo in poi si scende fino al 41,7%.
Le ragioni di questo fenomeno italiota sono diverse. Ma un fattore fondamentale è la disuguaglianza dei ruoli all’interno dell’organizzazione familiare dovuta a una mentalità antiquata (cura dei figli, della casa e degli eventuali genitori a carico) e l’assenza di servizi (asili pubblici e assistenza agli anziani). C’è anche una questione di giudizio morale che ancora impregna la nostra società: una donna Italiana può diventare la Prima Presidente del Governo o della Repubblica, ma se non mette la testa a posto e non si “sistema”, sarà sempre incompleta (o zitella/fallita, a seconda della diplomaticità di chi vi parla). Una donna potrebbe scoprire la cura per l’HIV, ma non sia mai che suo marito o (peggio!!!) suo figlio vadano in giro con una camicia macchiata o non stirata!

Le nostre peggiori nemiche sono le altre donne: non vi è mai capitato di sentirvi dire da vostra suocera “Mio figlio è così magro! Ma cosa gli dai da mangiare?”
“Niente, non è mica un cane che gli do da mangiare! Se tu gli avessi insegnato a cucinare non dovrebbe aspettare qualcun altro per mangiarsi un piatto di pasta!”

Insomma, evidentemente di strada da fare ce n’è ancora molta. E sarebbe bello poter contare sulla solidarietà femminile per percorrerla.
Nel frattempo vi lascio con frasi prese qua e là da riviste degli anni ’50. Spero che nessuno si identifichi!

-“Ascoltalo quando torna a casa da lavoro. Tu potresti avere una dozzina di cose importanti da dirgli, ma il momento del suo arrivo non è quello indicato per farlo. Lascialo parlare, e ricorda: i suoi temi di conversazione sono più importanti dei tuoi”
-“E’ nostro dovere essere sempre il più belle possibili per l’uomo che amiamo. Se noi abbandoniamo questa battaglia, non importa quanto la nostra casa sia confortevole e accogliente, lui sarà affascinato da qualcun’altra più furba di noi”
-“Non discutere con tuo marito; fai tutto quello che ti dice e obbedisci ai suoi ordini. Non aspettare in piedi che arrivi a casa dal club; è meglio se l’aspetti a letto facendo finta di dormire. Se devi essere sveglia, dimostrati contenta per il fatto che sia tornato a casa presto. Lui penserà probabilmente che sei un idiota, ma questo è comunque inevitabile”.

Fare l’amore all’Avana

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Cuba – Giugno 2009

La nostra nuova casa si trova nel “Reparto 10 de Octubre“, molto più centrale di Boyeros, e molto più urbano!

La nuova zona mi piace, è piena di case che tengono tutto il giorno le porte aperte perchè dentro vendono manghi, avocados, limoni, qualche volta addirittura uova! Questa è una delle molte cose illegali di Cuba, ma che in molti fanno perché almeno guadagnano un po’ di soldi offrendo un effettivo servizio alle persone e non rubando! C’è anche un mercato vicino a casa nostra e una TRD (Tienda Recaudadora di Divisa) comunemente chiamata da tutti “shopping” o negozio in Moneta Nazionale!

La vecchia proprietaria di casa di Boyeros non vedeva l’ora che ce ne andassimo! Lei comincerà ad affittare le stanze agli amanti che le pagheranno per notte! Il problema dello spazio all’Avana è cresciuto di anno in anno perchè sono sempre di più le case decadenti o instabili che crollano o diventano meno sicure, mentre le persone che continuano ad arrivare nella capitale sperando di poter vivere meglio che nei paesini aumentano in modo esponenziale!

Kikito (il suo vero nome è Enrique, ma tutti lo chiamano Kikito) un amico di Pedro, vive in una casa di 3 stanze con sua madre, suo padre, sua moglie Giselle, suo fratello, la moglie di suo fratello, i loro 2 figli, un cugino e consorte e una zia che è arrivata da Guantanamo (posto di cui sono tutti originari) per fare delle analisi all’Avana e poi non se n’è più andata, anzi, ha fatto arrivare anche il marito e il figlio minore! Di notte, Kikito e Giselle dormono in una stanza con il fratello e la sua famiglia. La madre e il padre dormono con i nipoti, e gli zii con il cugino e moglie, arrivata la sera, spostano il divano e il tavolo dalla cucina, buttano i materassi per terra e ci dormono sopra!

All’Avana i Cubani arrivati dalla parte Orientale dell’Isola li chiamano “Palestinos” perché quando arrivano alla capitale cominciano a vivere come se fossero in un campo profughi!

In realtà Kikito, non vive neppure all’Avana, ma in un sobborgo “en las afueras” come si dice in gergo! Per questo per arrivare a lavoro alle 9 parte alle 5 da casa sua. Questo gli è valso la conquista di diritto del nomignolo “Kikito far far away”! Lui ci racconta che avere una vita sessule normale con sua moglie è impossibile, perché la casa è costantemente piena di persone giorno e notte! E quindi, così come fanno la maggioranza delle coppie avanere, hanno cominciato ad avere rapporti in giro per la città, in posti più o meno nascosti e più o meno precari! Per esempio nei portoni dei solares, sotto il muro del Malecòn, in posti semi-bui e semi-isolati.

Camminando per l’Avana di notte si scorgono decine di coppie che cercano di ricostruire una loro intimità nel mezzo della città e a cielo aperto! Molte si riuniscono nel Paseo del Prado, la camminata che dal Malecòn porta al Parque Central, con  poltrone in marmo e, per ragioni di risparmio energetico, i lampioni  spenti per tutta la notte. La prima volta che ci sono passata mi sembrava di essere sul set di un film porno! C’era di tutto, da gay a coppie etero, giovani e adulti, e ognuno aveva trovato il proprio modo di riuscire a fare sesso senza scoprirsi troppo, e soprattutto, senza scoprire la faccia!

Quelli che possono permetterselo, affittano una stanza per qualche ora in una casa particular per 5 Cuc, quelli che non possono, devono arrangiarsi per strada. Anche questo fa parte della sopravvivenza in una città dove manca tutto, soprattutto lo spazio.
Questo contribuisce a rendere più attraente l’opportunità di stare con uno straniero, anche solo per poche notti. Gli stranieri alloggiano di solito in pulite e comode camere di ricche case particulares, che ovviamente includono un letto, lenzuola, un bagno, e molte volte una buona colazione. Spesso, scorgendo coppiette nascoste qua e là, mi sono chiesta: se fossi una giovane ragazza cubana preferirei uscire con un cubano della mia età che mi piace ma che mi porta a fare l’amore in posti nascosti, sudici e buii, o con uno straniero magari più vecchio, ma che almeno per qualche notte mi faccia sentire protetta e mi faccia stare bene?

Cuba: cambiare casa…di nuovo!

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(Cuban Diaries, Maggio 2009)

Settimane dopo aver cominciato la ricerca del nuovo appartamento sono sconsolata e amareggiata. Ogni volta che i nuovi proprietari scoprono che ci sono io di mezzo i prezzi lievitano e il periodo di permanenza diventa incerto. Affittare senza licenza e’ illegale, ma farlo a stranieri è illegalissimo!

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Chiaramente con un Cubano si puo’ sempre dire di stare facendo un favore a un cugino, un amico. Ma gli stranieri sono molto piu’ visibili, e quando c’e’ di mezzo uno yuma tutto diventa complicato su quest’Isola!

Il vero problema sono i CDR: Comitati di Difesa della Rivoluzione. Ce n’e’ uno in orgi cuadra, ed il Presidente del Comitato ha l’esplicito compito di controllare e spiare quello che fanno gli abitanti per riportarlo alle autorita’. Nacquero negli anni ’60 quando tutta Cuba fu colpita da un’ondata di atti vandalici che cercavano di sovvertire il Governo Rivoluzionario. Infatti una certa percuentuale della popolazione che aveva salutato con favore l’arrivo dei Rivoluzionari, gli si era poi rivolatata contro mano a mano che diventava chiara l’impronta comunista che Fidel voleva imprimerle.

Anche se la situazione è nettamente diversa oggi i CDR, che negli anni si sono dimostrati efficientissimi strumenti di controllo della popolazione e termometro della societa’ civile, sono rimasti vigili e attivi. Ma come tutto a Cuba, sono stati avvolti dalla nuvola della corruzione. Quindi ogni attività economica perpetuata sull’Isola deve pagare (e caro!) il silenzio del presidente del Comitato, che usa il suo potere non per la sicurezza dello Stato ma solo per le proprie tasche. Non a caso la gente comunque conosce i Presidenti del CDR come chivatones, e cioè informatori, spie. 

E così ogni volta che Pedro cerca di prendere una casa in affitto senza mai menzionare me, ci trasferiamo nell’appartamento nuovo, e poche settimane dopo, puntuale come un orologio svizzero arriva l’ultimatum: o si alza l’affitto o lo sfratto! Io e Pedro scommettiamo anche sulla quantità di giorni che ci vorranno al proprietario a lanciarlo! Non sono mai più di 10: succede di solito dopo che il Presidente del CDR contatta il padrone di casa reclamando la sua quota e minacciandolo di denunciare il fatto che sta affittando illegalmente, e addirittura a stranieri! Ci siamo così abituati che non disfiamo neppure più le valige, tanto sappiamo che è inutile. E così che gli affitti si alzano regolarmente troppo, mentre i miei risparmi faticosamente guadagnati facendo 3 lavori in Italia prima della Laurea diminuiscono decisamente troppo alla svelta.

Pedro, dal canto suo, non è d’aiuto. Mi chiedo come faccia a spendere così tanti soldi, e soprattutto non suoi. E mi chiedo come vivesse prima di mettersi con me…come sia possibile che sia sopravvissuto senza di me e senza i miei soldi fino ad allora, se adesso sembra che non possa resistere senza spendere. E come faranno le famiglie normali che guadagnano molto meno di quello che stiamo spendendo noi?

Nel frattempo dal lavoro al Granma non arrivano buone notizie. Il mio stipendio in CUC che si sarebbe dovuto sommare a quello in Moneta Nazionale non è ancora stato approvato, e io non posso più aspettare molto. Se nel giro di un mese la situazione non si sblocca dovrò tornare in Italia.

Una sera, demoralizzati dopo essere stati a vedere una casa in Centro Habana, mentre aspettiamo alla prima fermata l’autobus P16 che in un’ora e 20 ci porterà a casa, incontriamo Ricardito, un mio amico della cuadra di Marvelis. Mi chiede come sto e, prima di riuscire a rispondere “Mas o menos” scoppio a piangere! Pedro mi guarda seccato, i miei amici non gli piacciono e fa di tutto per tenermi seprata da loro. Lui dice che è perchè ha paura che si approfittino di me….ma a volte io ho la sensazione che sia il contrario!

Ricardito, capita la situazione mi abbraccia, Pedro si innervosisce. Ricardito mi dice che suo padre ha un appartamento che sta finendo di aggiustare. Non funziona lo scarico del bagno e mancano le tuberie di scarico del lavandino. Ma se a noi non dispiace fare qualche sacrificio e lasciargli l’appartamento qualche ora alla domenica perchè lui possa lavorarci, potrebbe affittarcelo a non più di 40 CUC al mese (contro i 250 almeno che ci chievano tutti gli altri!)

Esulto ed accetto al volo, ma Pedro rifiuta l’offerta di Ricardo. Arriva l’autobus e lo prendiamo di corsa perchè potremmo aspettare ore prima del prossimo. Una volta sopra chiedo a Pedro perchè si fosse permesso di rifiutare l’offerta del mio amico. Lui, ancora arrabbiato, mi risponde che non vuole dovere dei favori agli amici di Marvelis. Non capisco da dove venga tutto quest’odio, ma ne ho le tasche piene. “Il favore lo devi a me perchè l’affitto lo pago io. Io mi trasferisco a casa del padre di Ricardito la prossima settimana…tu fai come vuoi.”

Rissa nel Parlamento Venezuelano: folklore o rifiuto della Democrazia?

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L’altro ieri la notizia di una mega rissa nel Parlamento Venezuelano ha fatto un timido capolino su qualche giornale italiano come una faccenda di folklore e costume e società, piuttosto che come un allarmante vicenda in grado di alterarela politica Latino Americana.

Due settimane fa in Venezuela si sono tenute le prime elezioni dopo la morte di Chavez, nelle quali il partito di Chavista ha vinto per un soffio dopo aver fatto condurre la campagna elettorale dal fantasma di Hugo Chavez, attraverso riproduzioni, fotomontaggi, e addirittura storie al limite dell’assurdo e cartoni animati. Resterà nella storia della Geopolitica Mondiale il racconto di Maduro che narra di essere stato avicinato da un passerotto mentre stava pregando in una capella, e di aver cominciato a fischiettare assieme all’uccello che, giura essere stata l’incarnazione del defunto leader Bolivariano tornato in terra per incoraggiarlo a continuare la Rivoluzione.

Già durante il primo conteggio dei voti successivamente alle elezioni, in rete circolavano foto di militari che facevano sparire scatoloni di voti, e nonostante questo, Maduro avrebbe vinto solo con una manciata di preferenze.
Come c’era da aspettarsi, il leader dell’opposiione, Capriles, ha immediatamente chiesto il riconteggio dei voti, ma tra un marameo e l’altro i Chavisti gli hanno risposto che la Patria non ha tempo da perdere: ci sono tonnellate di petrolio da vendere alla Cina, centinaia di medici da invitare da Cuba, e decine di indisturbate basi miltari da concedere all’Iran!

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Così, l’opposizione ha deciso, per protesta, di non riconoscere il nuovo Governo finché non si riconteranno i voti. E così, l’ormai Governo, per protesta, ha deciso di menare i membri dell’opposizione in Parlamento (intendo proprio menarli dentro al Parlamento), così imparano come funziona la democrazia. Il tutto sotto gli occhi del Presidente dell’Assemblea, Cabello, ex favorito per la Presidenza del Governo, ma poi silurato da Maduro, che peraltro alla domanda del riconteggio ha democraticamente risposto “Quali voti?”

Cabello, ha quindi tolto il diritto di parola in aula all’opposizione finchè non deciderà di riconoscere il Governo. E alla protesta dell’opposizione che ha mostrato uno striscione di denuncia in Parlamento ha risposto autorizzando la “golpiza”  e ridendosela di gusto nel godersi lo spettacolo (vi prego anche di notare la ferocia con la quale i Chavisti – alcuni dei quali chiaramente riconoscibili dalla tuta con i colori della bandiera – colpiscono i membri dell’opposizione)

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E’ chiaro che questi Governi abituati a risolvere con la violenza qualsiasi tentativo di pensiero indipendente a volte confondono il dove e il quando. Ma si sa, le vecchie abitudini sono dure a morire.

Nel frattempo non ci resta che deliziarci con queste immagini così squisitamente esemplificative delle regole e dei valori democratici e guardare queste foto in cui membri dell’opposizione mostrano il prezzo della loro dignità.

Sì, si tratta decisamente di folklore latinoamericano che non ha nulla a che vedere con i valori più ampi come i Diritti Umani e la Libertà di Espressione.

Ai sostenitori di un Governo così democratico chiedo “E se succedesse a voi di essere picchiati per quello che pensate?”

Charity Shop, Reduction, and Refund Policy

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Londra, Maggio 2013

Tre sono le cose che più chiaramente contraddistinguono i consumatori britannici: i Charity Shops, le Reductions e la Refund Policy.

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I Charity Shops sono negozi gestiti da ONG che vendono a prezzi stracciati ogni tio di prodotto, da scarpe a vestiti, da CD a cose per la casa. 
Funzionano grazie alle donazioni delle persone che decidono di regalare cose in ottimo stato alle Organizzazioni, affinché vengano vendute. I proventi rimangono nelle casse dell’ONG, che li usa per finanziare le proprie azioni. Inutile dire che generano anche lavoro, perché ogni negozio ha di solito un Manager o un Assistant Manager pagati, mentre normalmente i commessi sono giovani volontari, magari universitari o addirittura liceali che vogliono fare qualcosa per il proprio territorio (cosa diffusissima!)

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La pratica della reduction, invece, riguarda i supermercati, e consiste nel ridurre considerevolmente più volte al giorno i prezzi delle cose che stanno per scadere. Se per esempio un prodotto scade domani, da stamattina si comincerà a decurtare una percentuale dal suo prezzo, all’inizio minima, diciamo di pochi centesimi, e via via sempre più improtante, finché il prodotto, a fine giornata, non sarà arrivato a costare pochi centesimi (sempre ammesso che non l’abbia comprato prima qualcun altro). In questo modo si possono comprare cose che costavano anche 2 o 3 sterline a meno di 20 centesimi. Ovviamente bisogna avere un po’ di fortuna e fare un salto nel negozio più vicino tra le sette e le otto di sera per trovare i migliori affari! 😉

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Infine c’è la Refund Policy, che è il meccanismo per il quale se tu compri qualcosa e poi scopri che in realtà non lo volevi, non solo puoi restituirlo (ovviamente in buono stato e scontrino alla mano) ma l’azienda ti deve restituire i soldi che hai pagato contanti e sonanti! Questo vale sia per una maglia, che per un letto, un paio di scarpe o un pacco di pasta! Normalmente hai da una a due settimane di tempo per farlo, ma mote imprese estendono il periodo di tempo addirittura ad un mese! 

Tutte queste pratiche e buone abitudini fanno dei clienti britannici (dove per britannico intendo chiunque viva nel Regno Unito) consumatori protetti e consapevoli. Non tolgono dignità alle imprese, anzi, permettono loro di dialogare con i clienti e di rendere certe cose accessibili a una parte della popolazione che altrimenti non le comprerebbe. Queste politiche non comportano la morte delle imprese, anzi, le avvicinano ai loro clienti, e e stimolano il dibattito sull’efficienza. 

Ma allora, se sono così funzionali e con buoni risultati, perché non esistono anche in Italia? 
Credo che la ragione principale sia che a Londra nessuno si vergogna di comprare le cose in Reduction o in Charity Shop. Anzi, se riesci ad ottenere un prezzo migliore, o un capo usato o un gadget per casa tua in un Charity Shop a poco prezzo sei cool. Se fai lo stesso in Italia, sei uno sfigato.

Il cambio, a questo punto, parte da noi.

Le ragioni alle contestazioni a Yoani Sanchez

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Poche settimane fa ho pubblicato questo post cercando di spiegare il come ed il perché avvengono le contestazioni contro personaggi contrari al Governo Cubano.

Dopo la recente protesta contro Yoani Sanchez avvenuta a Perugia, Italia, ripropongo il post perché tutti possano capire che a volte quella che sembra libertà di espressione, non lo è affatto.

E’ recente la notizia del viaggio di Yoani Sanchez fuori da Cuba. La blogger ha richiesto ed ottenuto il passaporto grazie alla Riforma Migratoria entrata in vigore il 14 Gennaio, ed il visto, ed è volata in direzione del Brasile, prima tappa del suo lungo tour fuori dall’Isola!

Arrivata in Brasile, l’ha accolta una folla di manifestanti che l’hanno aspramente contestata. Molti giornali se ne sono meravigliati: Yoani, internazionalmente conosciuta come paladina delle libertà a Cuba, più volte citata come una delle persone più influenti del mondo, viene contestata dai cittadini brasiliani.

Ecco cominciamo da lì: sicuramente ci saranno stati molti Brasiliani simpatizzanti del Regime Cubano delle varie associazioni di amicizia con Cuba (ce n’è in ogni Stato: Italia-Cuba, Brasile-Cuba, Francia-Cuba…), ma c’erano certamente anche cittadini cubani residenti in Brasile. Cubani che stavano liberamente esercitando la loro libertà di espressione? Forse sì…ma solo forse!

In realtà gli istituti consolari e diplomatici cubani all’estero non agiscono solo in quanto tali, anzi! La loro principale attività è infatti quella di gestione dei Cubani residenti all’estero. Basta mettere piede in un Consolato, come quello di Milano, per capirlo! Per esempio, per poter tornare a Cuba il cittadino Cubano deve richiedere l‘abilitazione del passaporto, che si ottiene previa richiesta e pagamento di una cifra di denaro che varia di Stato in Stato. Per poterla richiedere è necessario iscriversi alla Sezione Consolare, fornendo i propri dati e recapiti in Italia. La abilitazione, che viene rilasciata una volta nella vita, ma che può essere revocata in qualsiasi momento, e senza la quale non è possibile fare ritorno nel proprio Paese, può essere concessa o no, su parere discrezionale del personale consolare. E’ facile capire che questo strumento si presti ad essere facilmente utilizzato per ricattare i cittadini all’estero.

Infatti, quando il Consolato intende organizzare una qualsiasi manifestazione in una città Italiana, allerta immediatamente le persone che vivono vicino al punto identificato, invitandole a parteciparvi. Ognuna di queste persone sa perfettamente che tutti i futuri documenti di cui avrà bisogno dovranno provenire da quella stessa Sezione Consolare. Quindi ci penserà due volte prima di rifiutarsi di partecipare a queste manifestazioni correndo il rischio di vedersi rifiutare un documento che potrebbe permettere la riconciliazione con una madre, una figlia, o un marito. 

E’ così che funzionano i Consolati e le Ambasciate Cubane nel Mondo, ed è per questo che ogni volta che viaggiano persone scomode al Regime, manifestazioni apparentemente spontanee spuntano come funghi in modo conveniente, e con giornalisti cubani o di reti vicine al Governo casualmente pronte a riprenderle!

Molto più spesso questi giochetti funzionano soprattutto con il personale delle missioni all’estero (sono soggetti che vengono assoldati dal Governo Cubano per andare ad esercitare la loro professione all’estero). Questi medici, ma anche allenatori e insegnanti, che si trovano principalmente in America Latina ed Africa e che sono controllati a vista dal personale consolare e dai funzionari della sicurezza infiltrati, sono bersagli molto più comodi dei normali cittadini, perché hanno una prospettiva di tornare a vivere a Cuba nel breve periodo (se non lo facessero sarebbero disertori, e queste genererebbe problemi molto più gravi!), e il sicuro desiderio di poter continuare a viaggiare in seguito! E la loro valutazione come professionisti in Missione, vincolata alla possibilità di essere scelti per Missioni future, dipende anche dal loro comportamento ed attivismo politico!

Così si spiegano le manifestazioni contro la povera Yoani, che è riuscita ad allontanarsi da Cuba, ma non potrà mai allontanarsi dai Cubani!

Volete la contro-prova che i manifestanti erano Cubani? Solamente i Cubani non conoscono Yoani Sanchez…