È così ci risiamo: Berlusconi cambia di nuovo idea, e si ricandida! Poveri stolti quelli che avevano pensato che sarebbe finita, che non avrebbe più avuto la faccia tosta di ripresentarsi, e che nessuno lo avrebbe votato! Col cavolo! Certo che si ricandida, e certo che lo voteranno. Probabilmente non avrà più il 26% dell’elettorato, ma dategli tempo e vedrete! D’altronde sappiamo perfettamente che noi Italiani siamo portati ad identificarci in questi vecchietti che in altre parti del mondo starebbero al giardinetto a lanciare cibo ai piccioni, ma che in Italia diventano Sex Symbol perché a 70 anni e passa e senza prostata se la fanno ancora con le minorenni!
again…
E quando, appena tornata in Italia e scandalizzata per il caso Ruby chiedevo ai miei connazionali berlusconiani come facessero a votarlo, mi rispondevano “Embhé, chi non è mai stato con una minorenne???” Per esempio le persone che conosco io, razza di idioti!!!
Eppure per me il problema non è Berlusconi, perché statisticamente un pazzo scatenato su 60 milioni di persone ci dovrà pur essere. Il problema sono piuttosto gli oltre 300 deputati che l’hanno difeso, appoggiato, osannato. Perché non è uno solo che può determinare la caduta del Paese. Questo è chiaro. La caduta è determinata dalla disponibilità che hanno quelli che gli stanno intorno a difenderlo. E passino pure i deputati, ma gli Italiani che lo votavano dove vogliamo metterli? In che scalino dell’evoluzione darwiniana dovremmo collocarli?
Ed il problema è ancora più drammatico se pensiamo che in Italia, ormai, non esiste una destra credibile, per quanto un Paese moderno e democratico ne abbia bisogno per contrappeso politico. Crosetto, che pure mi sta simpatico, e la Meloni, assieme a tutti quelli che andranno loro dietro, potranno pure proporsi e, scommetto che molti li guarderanno anche con simpatia. Ma io mi chiedo per quanto ancora potremo prenderci in giro? Per quanto ancora potremo onestamente guardarci negli occhi e fare finta di essere quelli che non sapevano, non vedevano, non immaginavano…Davvero saremo disposti a votare persone che per 20’anni sono stati in coalizione con Berlusconi e fare finta che non sapessero con chi stavano governando?
Di Berlusconi ce n’è uno solo, e per fortuna è vecchio…ma tutti gli altri che adesso ci guardano dritti negli occhi giurandoci di non essersi accorti, di essere stati ingannati dopo aver permesso e giustificato qualsiasi atto di corruzione, menzogna, manipolazione…non saranno peggio?
Ogni progetto di cooperazione internazionale identifica un gruppo di individui che direttamente beneficiano dei risultati del progetto, e che si chiamano appunto beneficiari.
Il progetto al quale io lavoro in Ecuador si chiama Cooper-Attiva, e nel suo caso tale gruppo è composto innanzitutto dai ragazzi che lavorano in una rete di cooperative maschili. Nelle cooperative, dislocate su tutto il territorio nazionale, vengono creati artigianalmente oggetti e mobili in legno. I ragazzi che entrano a farne parte vengono selezionati tra i giovani delle famiglie più povere delle comunità (a loro volta più povere) dell’Ecuador. Sono quei giovani che non avrebbero acceso a nessun’altra scuola in questo Paese, che non avrebbero altro futuro se non quello di trovare un modo per sopravvivere, spesso nell’illegalità, nell’alcolismo e nella violenza. Gli ultimi, gli invisibili, i fantasmi di questa società che senza saper riconoscere i propri drammatici problemi sociali, viene risucchiata dalla cultura statunitense e la guarda con ammirazione.
Lo scopo ultimo di Cooper-Attiva non è però l’aiuto a un gruppo di ragazzi poveri, bensì è insegnare a quei ragazzi ad aiutarne altri ancora più bisognosi. È così che la mano del progetto arriva a toccare altri beneficiari, attraverso il lavoro volontario che i cooperativisti portano avanti un fine settimana sì e l’altro no. Durante l’attività volontaria i lavoratori riparano case e tetti danneggiati dalle piogge, costruiscono nuove case per chi le ha perse o non le ha mai avute e portano buste con viveri alle famiglie che non hanno di che mangiare.
Ma Cooper-Attiva non si ferma qui. Anzi, direi che l’aspetto più interessante non è neppure quello di cui ho parlato fino ad ora.
Ogni cooperativa lavora mobili in legno finemente intagliati, ed interamente realizzati a mano. I mobili hanno il minimo impatto ambientale possibile, vengono costruiti senza usare chiodi se non dove realmente necessario, vengono rifiniti con lacche e cere all’acqua e non vengono dipinti. Si tratta di vere e proprie opere d’arte, di una semplicità ed eleganza assolutamente introvabile in altre parti dell’Ecuador. Eppure vengono realizzati da quei fantasmi, da quegli ultimi così odiati e discriminati dalla società bianca. Quelle persone sulle quali nessuno ha scommesso, che nessuno ha considerato.
Perciò quando un cliente che si crede borghese perchè ha un macchinone, perchè lavora nel Governo o, meglio ancora in qualche multinazionale, entra nell’esposizione centrale di Quito dove vengono esposti tutti i mobili e chiede da dove li importiamo, io realizzo qual è la vera portata di questo progetto. Spiegare al cliente che i mobili non vengono dagli Stati Uniti, nè tanto meno dall’Europa. Che non vengono realizzati da una multinazionale stile IKEA, ma da piccole cooperative ecuadoriane. E non da qualsiasi lavoratore bianco che ha studiato design in Francia piuttosto che in Italia, ma da indigeni che vengono dalle famiglie più povere delle comunità più disgregate. Questo è il vero obiettivo di questo progetto. Non aiutare le famiglie più bisognose nel breve periodo (cosa che comunque fa), ma sensibilizzare l’intera società ecuadoriana nel lungo. Spiegare alle persone che quegli indigeni che loro discriminano e rifiutano, sono proprio gli stessi artisti che realizzano queste opere d’arte, e mostrare loro le incredibili potenzialità che qualche investimento mirato e un po’ di fiducia possono far sbocciare in chiunque.
Coopera-Attiva non punta a far arricchire qualche lavoratore, o a far sopravvivere qualche famiglia. Punta a smascherare i pregiudizi e le discriminazioni, a dimostrare la loro infondatezza, a lanciare un modello di sviluppo in grado non solo di migliorare la condizione economica di diverse comunità indigene, ma di scalfire il razzismo nell’intera società ecuadoriana, attraverso il lavoro ed il buon esempio.
I beneficiari non sono solo i lavoratori e le loro famiglie, e neppure le loro comunità. Beneficiari lo diventiamo tutti, se riusciamo a convincere e a convincerci che il razzismo e la discriminazione non difendono le risorse di un gruppo contro gli attacchi di un altro, ma impediscono a nuove risorse e nuove forme di benessere di svilupparsi.
Trovo Matteo Renzi un po’ antipatico. Credo che sia un personaggio dirompente e vagamente polemico e penso che a volte, per il suo modo di fare e per il modo in cui dice le cose, possa risultare arrogante.
Trovo Bersani irresistibilmente simpatico e trovo adorabile il modo in cui gioca con sè stesso e con la caricatura che Crozza fa di lui. Vorrei avere uno zio come Bersani che mi narrasse le storie del passato e le vite dei grandi personaggi di sinistra: racconti pieni dei valori della solidarietà, dell’uguaglianza e della fratellanza.
Per questo vorrei che le primarie le vincesse Renzi.
Bersani per me rappresenta quella sinistra che sarebbe potuta essere stata ma che non fu. Una sinistra popolata da individui che facevano meravigliosi discorsi, mentre in Parlamento si scannavano a vicenda per personalissimi particolarismi ed egoismi. Una coalizione di sinistra che non ha saputo fare una legge contro il conflitto di interessi quando ha governato, perché in fondo l’unica cosa su cui si trovava d’accordo era essere contraria a Berlusconi. Una coalizione che esisteva solo come opposizione al PDL, e che pur di tornare ad essere opposizione, ha fatto di tutto per far cadere il proprio governo!
Una sinistra che ha preteso di governare con la teoria del “tutti dentro” dalla Binetti alla Bonino, perché noi della sinistra sappiamo dialogare, salvo poi non poter decidere su nulla alimentando la teoria che “Almeno con Berlusconi non votiamo ogni 6 mesi! Almeno lui decide!”
Quando guardo Bersani e penso al Governo che farà, vedo quegli stessi politici che non riuscirono mai a fare la legge sul conflitto di interessi. Quelli che pur di di prendersi 2 voti in più in un eventuale possibile elezione, sono stati disposti a far cadere i loro stessi Governi. Quelli che si sono alleati con cani e porci pur di non mollare la propria poltrona. Quelli che non sanno fare nulla se non i politici.
Un mio amico mi ha fatto notare “Però ci sono prestigiosi politici nel mondo che sono stati politici e basta, come Hollande, o Biden”. Ha ragione. Ma se penso a loro due, penso a persone che si sono distinte per meriti politici, che hanno portato avanti battaglie per migliorare le condizioni future, che si sono responsabilizzate per promuovere quello che credevano essere il bene della società.
Sono un’appassionata di politica, eppure non riesco a ricordare nulla di davvero lodevole in 40 anni di politica dalemiana, anzi. In realtà quello che ricordo era il modo in cui negli anni ’90 insultava il pool di Mani Pulite chiamandolo “I Soviet di Milano” (lui che aveva iniziato la sua carriera nel PCI!) Sono stufa di questa gente.
Dietro Bersani vedo le ombre di quel passato poco chiaro, con troppi dubbi e buchi neri. Dietro Bersani vedo un Partito troppo tentato dalle giustificazioni ad oltranza di incompetenze ed incapacità. Troppo propenso a scendere a patti e a difendere i “compagni” tutti col sigaro in bocca e con lo yacht al molo.
Renzi è un uomo che ha il coraggio di dirle tutte queste cose, e perciò ha la mia ammirazione. Uno che non entra nella logica del “Io adesso salvo il culo a te così tu un domani lo dovrai salvare a me”. Sua moglie è un’insegnante precaria, e conosce benissimo i problemi della scuola. Lui è il sindaco di una delle città più importanti di Italia, e capisce a perfezione la situazione delle autonomie locali, e i problemi legati alla promozione della cultura e del turismo. E’ stato scout e da sempre si spende a favore dell’associazionismo. Cosa vedo dietro Renzi? Non ne sono ancora sicura, ma sicuramente è diverso da quello che si porta dietro Bersani. E questo mi basta per preferirlo.
Oggi i Ministri degli Esteri degli stati Membri dell’UE si riuniranno in tarda mattinata per riaffrontare la questione delle relazioni con Cuba.
Fino ad ora, l’approccio dell’UE verso Cuba si era ispirato ad una Posizione Comune che punta ad incoraggiare l’Isola e ad intraprendere un percorso di transizione verso un sistema pluralista e di difesa dei diritti umani, vincolando ad esso ogni atto politico, economico e di aiuto umanitario dell’Unione. Tale Posizione venne proposta dal Governo spagnolo di Aznar nel 1996, e raccolta in seguito da tutti i Paesi del gruppo europeo.
Nel 2003 75 attivisti che stavano lavorando al Proyecto Varela vennero arrestati, e tre di loro fucilati pochissimo tempo dopo l’arresto. In seguito a quell’evento che sconvolse l’opinione pubblica europea, soprattutto quella del Nord Europa, l’UE decise di stabilire delle sanzioni diplomatiche (non economiche né umanitarie) contro dell’autorità dell’Isola. Il Governo cubano in tutta risposta interruppe le proprie relazioni diplomatiche con l’UE, rifiutandone anche gli aiuti umanitari. Chiaramente gli aiuti umanitari sono utilizzati, per esempio, nelle emergenze per i danni causati dagli uragani e dalle epidemie di colera e di malaria, e perciò è la popolazione ad essere maggiormente colpita da questa rinuncia.
Ma visto che gli uragani e le epidemie non smisero di colpire l’isola in virtù di discorsi pieni di orgoglio e retorica, ben presto (complice anche l’elezione del Governo di sinistra di Zapatero in Spagna) il Governo Cubano tornò a parlare dei “fratelli spagnoli ed europei” ai quali era legato da indissolubili rapporti storici e genetici. Ma chiaramente la Spagna e l’UE non si bevvero il discorso sulle fraterne relazioni, e pretesero la liberazione di quei 75 dissidenti arrestati nel 2003, cosa che avvenne immediatamente per la maggior parte di loro.
In cambio di questa concessione del Governo cubano, l’UE sospese nel 2008 le sanzioni diplomatiche e riattivò i canali di finanziamento per la cooperazione internazionale verso Cuba (anche se sono pochissime le ONG che riescono a sopravvivere a Cuba). Dal 2008 a oggi i passi avanti fatti nella diplomazia tra l’UE e Cuba sono stati molti, e quasi sempre per mano del Governo spagnolo. Nel 2009 e 2010 il Ministro degli Esteri della Spagna ha viaggiato spesso a Cuba, ed è difficile non collegare questi frequenti viaggi con la liberazione degli ultimi dissidenti ancora in carcere dal 2003 (che poi, non a caso, sono stati mandati proprio in Spagna).
La politica e la propaganda cubane hanno fatto in modo, negli anni, di diffondere tra la cittadinanza un’idea di un’UE tiranna ed impicciona, che cerca ancora oggi di colonizzare i Paesi in Via di Sviluppo. Ciò che le autorità non svelano, è che, comunque, l’Europa è il principale socio economico cubano, poiché con essa si tiene oltre un terzo di tutti gli scambi commerciali, e dall’Europa arrivano più della metà degli investimenti esteri diretti e dei turisti dell’Isola. La storia delle relazioni UE – Cuba ha in realtà seguito le ondate di disperazione dell’Isola: tanto più Cuba si è sentita sicura ed autonoma, tanto più ha creduto di poter rifiutare l’alleanza con l’UE. Tanto più si è sentita disperata e senza vie di uscita, tanto più ha fatto ricorso ai “fratelli” d’oltre-oceano (che fino a poche settimane prima erano nemici da combattere!)
Comunque la si voglia vedere, il fatto che, a fronte di politiche di delegittimazione e odio verso l’Europa, dal 1993 al 2003 Cuba abbia ricevuto oltre 145 milioni dall’UE di euro per progetti umanitari, più 4 milioni di euro arrivati nel 2008 ed altri 36 nel 2009 in seguito ai cicloni Ike e Paloma ed ulteriori 20 milioni tra il 2010 e il 2011 per progetti di sviluppo, la dicono lunga sul livello di disperazione degli ultimi anni dell’Isola, e sulla serietà della sua politica estera. (E’ possibile consultare i dati qui)
La novità di quest’anno è che l’UE voglia sostituire la vecchia posizione comune con un accordo bilaterale che contempli aiuti finanziari ed agevolazioni commerciali, ma sempre in cambio di miglioramenti del rispetto dei diritti umani e delle libertà individuali. Certo che la brutale incarcerazione di Antonio Rodiles, tra gli altri, fa capire quanto si sia ancora lontani dal raggiungimento di tali obiettivi, ma magari in questa occasione l’UE dimostrerà di avere più abilità di dissuasione degli Stati Uniti e strategie di Politica Estera più efficaci…magari!
Estado de Sats es un programa cubano candidato a los Emmi y presentado por el periodista independiente Antonio Rodiles.
El programa, que solamente existe en internet, acoge a huéspedes que, de un modo u otro, han intentado promover la pluralidad de expresión dentro de la sociedad cubana. Uno de los momentos que más lo han vuelto famoso ha sido la entrevista a Eliecer Ávila.
Eliecer Ávila llegó a ser conocido en 2007 en ocasión de la inauguración del año academico de la UCI, Universidad de Ciencias Informáticas de Cuba, por haber puesto al Presidente de la Asamblea del Poder Popular Cubana Ricardo Alarcón preguntas tan cándidas e ingenuas como implacables.
Eliecer en aquel momento era encargado de una tarea a la que, ultimamente se dedican cada vez más personas: la defensa de la posición de Cuba en el web, a través de chat en forum de política internacional y blog. El muchacho, contó de aquella vez en que, mientras estaba convenciendo a un extranjero de la legitimidad de las políticas cubanas, tuvo que interrumpir la conversación fingiendo que se le había caído el internet, porque el extranjero empezó a hablarle de Varadero. Eliecer nunca había podido conocer Varadero, playa que, según los Cubanos, está entre las más lindas del mundo, porque en aquel entonces los ciudadanos de la Isla tenían prohibído ir a visitarla.
El estudiante y militante de organizaciones estudiantiles universitarias, entonces, siguió haciendo preguntas a Alarcón de estratégica inteligencia: Por qué los Cubanos no pueden ir a Varadero? Por qué los Cubanos no pueden viajar libremente e ir a Bolivia para dejar una flor donde murió el Che? Por qué los Cubanos no pueden usar los correos de Yahoo y Gmail (prohibídos por ley) que son los únicos que permiten chatear con las madres medicos internacionalistas en el extranjero?
Alarcón dió respuestas que daban pena y vergüenza, llegando a decir que los Cubanos no podían viajar porque si todo el mundo tomara avión se imaginarían que lío con el tráfico aereo?
Pero esta conversación, que el mundo pudo conocer solamente gracias a alguien que la grabó y la envió a la CNN, pasó a la historia: la tecnología había cambiado la cara de la propaganda y, sobre todo, de la represión!
Estado de Sats y el periodista independiente Antonio Rodiles, que ha sido varias veces amenazado y golpeado por los agentes de la Seguridad en àbito civil (como siempre) se aprovechan de este cambio utilizando el internet con plataformas en el exterior (fuera del alcanze de la censura cubana) para proveer un espacio en el que diferentes actores de la sociedad civil puedan encontrarse. Y de hecho el problema de Cuba es justamente esto: el teléfono y el internet estan controlados, y hay tantos agentes de la Seguridad infiltrados en la sociedad civil, que la gente vive con un gran miedo y desconfianza, y no está dispuesta a exponerse, a parte que con un muy restringido grupo de conocidos.
La falta de comunicación ha entonces impedido a los actores intercambiar informaciones, reduciendo todos los intentos de crítica social a pequeñas y aisladas manifestaciones de pocos indivíduos, inmediatamente reprimidas. Así, un grupo de oposidores en un barrio de la Habana no sabe lo que hace otro grupo parecido de un barrio cercano, imaginémonos otra ciudad o provincia! Estado de Sats se propone colmar ésta laguna, y de fornir un espacio libre de interacciones.
El 7 de noviembre Rodiles, mientras estaba conduciendo una encuesta sobre algunos abogados independientes encarcelados sin ninguna explicación, ha sido (nuevamente) golpeado, arrestado y llevado a una cárcel habanera. Junto a él o poco después, fueron también arrestadas una decena personas, entre las que se encuentran el escritor Angel Santiesteban-Prats que después reportó 2 costillas rotas y un tráuma cráneal, y Yoani Sánchez. Ahora solamente Antonio permanece en cárcel, y en huélga de hambre y sed en protesta desde el día de la detención. La que ven abajo el la camisa de Angel, que testimonia los golpes recibidos.
Todavía no hay noticias oficiales, pero parece que el periodista tendrá que enfrentar un proceso, y que el fiscal pidió hasta un año de privación de libertad. El video propone algunas imagines del arresto del escritor y de la Sánchez.
En el video se notan varios oficiales vestidos de civíl que llevan a los disidentes en el carro de la policía golpeandolos. Estas escenas puntan a insinuar todavía más el miedo y la desconfianza en las personas, que lo pensarán dos veces antes de manifestar en contra del régimen, antes de todo por la brutalidad de la represión, y segundo por el altísimo número de oficiales de la Seguridad infiltrados o travestidos de normales ciudadanos. El que está abajo es solamente un ejemplo.
Yo estoy, he estado y siempre estaré a favor de la libertad de expresión. Pero mi sueño es que todos los que apoyan a Cuba (y me refiero sobre todo a los que no son Cubanos), entiendan que apoyando al régimen, apoyan los crímenes, la brutalidad y las violaciones de los derechos humanos.
Yo me siento responsable por lo que defiendo…y ellos?
El Estado de Sats è un programma cubano candidato agli Emmi e presentato dal giornalista indipendente Antonio Rodiles.
Il programma, che esiste solamente in internet, accoglie ospiti che, in un modo o nell’altro, hanno cercato di promuovere la pluralità di espressione all’interno della società cubana. Uno dei momenti che più lo ha reso famoso, è stato sicuramente l’intervista a Eliecer Ávila.
Eliecer Ávila è diventato noto nel 2007 in occasione dell‘inaugurazione dell’anno accademico della UCI, Università di Scienze Informatiche, per aver posto al Presidente dell’Assemblea Popolare Cubana Ricardo Alarcón domande tanto candide e ingenue quanto spietate.
Eliecer Ávila in quel momento aveva un compito al quale ultimamente sempre più persone vengono dedicate: la difesa della posizione di Cuba nel web, attraverso chat in forum di politica internazionali e blog. Così il ragazzo raccontò di quella volta in cui, quando stava convincendo uno straniero della giustezza delle politiche cubane dovette interrompere la discussione e far finta di aver perso la connessione perché lo straniero cominciò a parlargli di Varadero. Lui non era mai stato a Varadero, spiaggia che i Cubani vantano essere tre le più belle del mondo, perché allora ai cittadini dell’isola era vietato andarci!
Lo studente militante di organizzazioni studentesche rivoluzionarie, quindi, continuò ponendo ad Alarcón delle domande di intelligenza strategica: Perché i Cubani non possono andare a Varadero? Perché i Cubani non possono viaggiare liberamente ed andare in Bolivia per lasciare un fiore nel punto in cui è morto Che Guevara? Perché i Cubani non possono usare le mail di Yahoo e Gmail (il cui accesso era vietato per legge) che sono le uniche due che permettono di chattare con le proprie madri dottori internazionalisti all’estero?
Alarcón rispose in modo imbarazzante, arrivando a dire che i Cubani non potevano viaggiare perché se tutti volassero vi immaginate che casino il traffico aereo? Ma quella conversazione, che il mondo conobbe solo perché qualcuno fece un video e lo mandò alla CNN, passò alla storia: la tecnologia aveva cambiato la faccia della propaganda e, soprattutto, della repressione!
Estado de Sats e il giornalista indipendente Antonio Rodiles più volte minacciato e malmenato dagli agenti della Sicurezza in borghese (come sempre) sfruttano questo cambiamento utilizzando l’internet con piattaforme all’estero (al di fuori della portata della censura cubana) per fornire uno spazio nel quale i diversi attori della società civile possano incontrarsi. Ed in effetti il problemi di Cuba è proprio questo: il telefono e l’internet sono sotto controllo e ci sono così tanti agenti della Sicurezza infiltrati nella società civile, che le persone vivono tutto con grande paura e diffidenza, e non sono propense ad esporsi se non con un ristrettissimo gruppo di conoscenti.
La mancanza di comunicazione ha quindi impedito agli attori di conoscersi e di scambiarsi informazioni, riducendo tutti i tentativi di critica sociale a piccole ed isolate manifestazioni di pochi individui, immediatamente represse. Così un gruppo di oppositori di un quartiere dell’Avana non sa cosa sta facendo un analogo gruppo del quartiere vicino, figuriamoci in un’altra città o provincia! Estado de Sats si propone di colmare questa lacuna, e fornire uno spazio libero di interazione.
Il 7 novembre Rodiles, mentre stava conducendo un’inchiesta su alcuni avvocati indipendenti imprigionati senza alcuna spiegazione, è stato a sua volta (nuovamente) picchiato, arrestato e portato in una prigione Avanera. Con lui sono stati arrestati anche una decina di altre persone, tra cui il noto scrittore Angel Santiesteban-Prats che ha riportato due costole rotte e un trauma cranico, e Yoani Sanchez. Attualmente solo Antonio permane in prigione, e in sciopero della fame e della sete per protesta dal giorno della detenzione. Quella che vedete qui sotto è la camicia di Angel, che testimonia i colpi ricevuti.
Non ci sono ancora notizie ufficiali, ma sembra che il giornalista dovrà affrontare un processo per non si sa bene cosa, e per il quale il pm ha già chiesto fino a un anno di detenzione. Il video sotto propone alcune immagini dell’arresto dello scrittore e della Sanchez.
Nel video si notano vari ufficiali vestiti in abiti civili che portano i dissidenti in auto della polizia picchiandoli. Queste sceneggiate puntano ad insinuare ancora di più la paura e la diffidenza nelle persone, che ci penseranno due volte prima di manifestare contro il Regime, prima di tutto per la brutalità della repressione, e secondo per l’altissimo numero di ufficiali della sicurezza infiltrati o travestiti da normali cittadini. Quello sotto è solo un esempio.
Io sono, sono stata e sempre sarò a favore della libertà di pensiero. Il mio sogno è però quello che chiunque appoggi Cuba (e mi riferisco soprattutto a intellettuali e personaggi non Cubani), capiscano che appoggiando il regime, ne appoggiano i crimini, la brutalità e le violazioni dei diritti umani.
Io mi sento responsabile per quello che difendo…e loro?
L’Ecuador è l’unico Paese per il quale i cittadini cubani non hanno bisogno di visto. Possono entrare come turisti e rimanervi tre mesi, terminati i quali, se non si sono procurati un altro visto, devono ritornare a Cuba. Chiaramente per poter lasciare il territorio cubano, devono avere una carta de invitaciòn della persona che li riceverà nello Stato di destinazione, e il Governo cubano deve rilasciare loro un permiso de salida, e cioè un permesso che dica per quanto tempo le autorità migratorie cubane concederanno loro di permanere all’estero. Tale permesso è di durata variabile. Se il cittadino cubano all’estero volesse prolungare la sua permanenza, dovrebbe dirigersi presso un Consolato e pagare una tassamensile, per ogni mese in più passato fuori.
Proprio perché non serve visto per entrarvi, in Ecuador ci sono moltissimi Cubani, sono infatti la prima minoranza presente nello Stato, assieme a quella colombiana. Probabilmente, quando il Presidente Correa diceva a reti unificate di voler eliminare tutti i visti, non si aspettava che il proprio Paese sarebbe stato sommerso dai Cubani, e che avrebbero fatto carte false pur di uscire da quell’Isola che lui così tanto decantava….e ancora di più in un posto in cui si guadagna nella moneta del nemico: in dollari! Ovviamente quando parlo di carte false, lo intendo in senso profondamente letterale! Moltissimi sono stati i matrimoni combinati con Ecuadoriani in cambio di laute ricompense. E tutti hanno voluto lucrare sulla disperazione Made in Cuba, funzionari compresi, che hanno cominciato a chiedere soldi per “risolvere” i documenti ai Cubani in Ecuador!
Fino a poche settimane fa, i Cubani presenti in Ecuador senza visto non potevano essere espulsi dal territorio ecuadoriano poiché il Governo cubano non li accettava. Ma proprio a causa della massività del fenomeno migratorio da Cuba, le autorità dei due Paesi hanno raggiunto un accordo, e la polizia ha cominciato a battere i quartieri maggiormente popolati da Cubani, e a deportare quelli indocumentati. Pur sottolineando il diritto di ogni Stato di stabilire e far rispettare la propria politica migratoria, c’è da chiedersi se simili misure non siano contrarie al principio di diritto internazionale che vieta la retroattività di una norma: in pratica, non puoi essere sanzionato da una norma che non esisteva nel momento in cui hai commesso il fatto! Tale misura viene da uno Stato che da una parte concede l’asilo politico ad Assange, mentre dall’altra non ha paura di rispedire in Patria Cubani che nel frattempo hanno perso tutti i loro diritti di cittadini, e che verranno trattati come traditori dallo Stato, in un Paese in cui lo Stato controlla tutto, dal lavoro alla sanità!
Per questo molti Cubani nelle ultime settimane si sono armati di coraggio e, zaino in spalla, hanno cominciato a percorrere tutta l’America Centrale, sperando di arrivare vivi fino agli Stati Uniti dove possono essere accolti come rifugiati politici. Lo fanno grazie a una guida di poche pagine che circola in internet e sta passando di mano in mano, e che spiega in dettaglio il tragitto da percorrere, indicando dove cambiare i soldi, dove rimanere a dormire, e che ogni Cubano ha contribuito ad arricchire dal momento in cui è stata scritta ad ora con la propria esperienza diretta.
Così questi Cubani decidono di ricominciare di nuovo tutto da capo, rimettersi di nuovo in pericolo, e attraversare Ecuador, Colombia, Panamà, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, Guatemala e Messico per passare la frontiera con gli USA. Lo fanno a piedi, affidandosi alla sorte e sapendo che attraverseranno alcuni degli Stati con il maggiore tasso di criminalità del Mondo. Senza rimpianti, senza troppe esitazioni, e senza dirlo a troppa gente, lo fanno perché, una volta assaggiata la libertà fuori Cuba, farebbero di tutto pur di non tornarci! Lo fanno perché sono sicuri che da qualche parte deve pur esistere una vita migliore, e forse sbagliando, sperano che si trovi negli States.
A tutti quei Cubani che hanno deciso o decideranno di intraprendere un simile viaggio contro la propria stessa vita, per rincorrere il sogno di una miglior vita, io mando un enorme abbraccio, e auguro la migliore fortuna...perché non c’è vita che vale la pena di essere vissuta senza libertà, e perché qualsiasi uomo capace di correre ogni rischio per inseguire la sua libertà, dentro e fuori Cuba, merita tutto il rispetto.
Devo ammettere che sono rimasta un po’ delusa dalla performance del Presidente Obama a Denver del 3 ottobre. Come molti giornali hanno sottolineato, Obama è sembrato stanco, disilluso, niente a che vedere con quel carismatico sognatore che vinse nel 2008.
Molti lo hanno criticato, soprattutto per quello che è stato chiamato il suo “linguaggio corporale”, spesso a testa bassa, non ha dimostrato aggressività, non ha approfittato delle (molte!) gaffe passate del Governatore Romney. Questo dibattito è stato particolarmente tecnico, e anche un po’ noioso rispetto a quello, per esempio, tra Obama e McCain del 2008.
Ma prestandovi attenzione sono rimasta a bocca aperta per il programma politico dei Repubblicani. Romney ha più volte sottolineato che aumenterà le spese militari e concederà incentivi agli imprenditori, ma senza alzare le tasse né gravare sul ceto medio…come avrebbe intenzione di farlo esattamente non è stato in grado di spiegarlo. Ha poi ribadito che manterrà una linea dura con la Cina, e che riporterà negli States le produzioni che attualmente sono là. Questo comporterà inevitabilmente un aumento del prezzo del prodotto finale, che quindi non venderà, a meno che lo Stato non lo sussidi. Ma di nuovo i sussidi dovrebbero essere, a rigor di logica, pagati con ulteriori tasse…cosa che il leader Repubblicano ha categoricamente negato. Come avrebbe intenzione di compiere questo miracolo economico, non è dato saperlo!
Ma spostiamo il discorso su un piccolo particolare del quale, a quanto pare, Romney non è a conoscenza: gli Stati Uniti possono realmente permettersi di avere la mano dura con una potenza che possiede oltre il 50% del loro debito pubblico depositato nelle proprie banche? Non è un segreto che la Cina ha miliardi di dollari come riserve nelle proprie casseforti. E non sarebbe poi così impensabile venderli o cambiarli in euro o sterline, provocando una massiva iniezione di dollari nel mercato mondiale, cosa che a sua volta porterebbe ad un’impressionante inflazione, con tanti saluti per le esportazioni!
Insomma, il discorso di Romney è stato francamente vuoto di contenuto, un discorso pieno di slogan ad impatto gridati a persone che non sanno fare 2 + 2. Eppure in qualche modo, qualcuno l’ha trovato rassicurante!
Sì certo, era più sorridente di Obama e aveva la spilla della bandiera degli Stati Uniti grande il doppio. E questo, si sa, nelle elezioni conta! Eppure, ripensando all’atteggiamento del Presidente, non posso non pensare che sia il comportamento di chi è arrivato al potere credendo di riuscire a cambiare molte cose, e che si è poi dovuto scontrare con il muro della propaganda, dell’ostruzionismo e della polemica. In fondo sono convinta che non sia stato affatto facile governare in questi passati quattro anni, e non è casuale che tutti i Presidenti che hanno servito in quel periodo, alle elezioni successive siano stati sconfitti (dalla Francia all’Olanda, e perfino la Merkel ha perso alle amministrative). Il fatto che Obama ne sia uscito comunque in vantaggio, non è di per sé un segnale importante? E il provvidenziale dato sulla diminuzione della disoccupazione al 7,8% (il dato più basso dal gennaio 2009) con 114.000 nuovi posti di lavoro in settembre in questa epoca di recessione non è miracoloso? (Dati riscontrabili sul sito della BBC qui).
A quanto pare per l’opinione pubblica no…e sarà quella stessa opinione pubblica che tra due anni, in caso di vittoria di Romney, scenderà in strada a protestare per l’ennesima guerra inventata o provocata, per gli ennesimi tagli a quel poco di welfare che ancora ci resta, e per le ennesime gaffe sessite e razziste…è così instabile l’elettorato?
Le fughe eccellenti a Cuba vengono chiamate “diserzioni“. Chi se ne va diserta, tradisce la patria, è un “Gusano“, verme. Questo perché le autorità fanno credere al popolo di essere in guerra perenne, ed ogni cittadino è un soldato. Se abbandona la battaglia e – peggio! – passa dalla parte del nemico (e cioè va in qualsiasi altro Stato del mondo), allora è un verme.
Anni fa, quando una persona se ne andava, si organizzavano “atti di ripudio” (che ancora oggi si realizzano contro le Dame di Bianco), e cioè si realizzavano marce di studenti e lavoratori (rifiutarsi di partecipare alle quali era chiaramente sospetto) che arrivavano fino alla casa del traditore per gridargli insulti come “scoria, verme”, e lanciargli uova addosso.
Poi arrivò il periodo especial, e Fidel tenne un discorso nel quale disse al popolo di chiedere aiuto a quelle scorie che erano pure traditrici, ma che potevano inviare rimesse a Cuba e così aiutare l’economia. Fu il primo atto della danza dell’ipocrisia e dell’umiliazione. I Paesi dell’estero, Stati Uniti davanti a tutti, sono il nemico…ma che bello quando dall’estero ci mandano dei soldi, che possiamo utilizzare per affermare con più forza che i Paesi dell’estero sono i nemici! E se è il Governo ad usare quei soldi, è legittimo…ma se li usano i membri della dissidenza o della società civile, beh allora sono mercenari al servizio di potenze straniere!
Molti disertori poterono tornare a Cuba in viaggi di turismo durante il periodo especial, quando ormai la popolazione si era dimenticata degli atti di ripudio del passato, e i vicini di casa che si erano denunciati a vicenda si risalutavano dopo anni di separazione. In quel periodo, quando la fame era imperante e quando la carne e le uova erano solo per i turisti e assolutamente off-limits per i cittadini, quei vermi che erano stati insultati perché volevano un futuro migliore per loro, comprarono scatole di uova e le lasciarono davanti alla porta di chi li aveva ripudiati. La fame era tanta che nessuno si prese il lusso di rompere quelle uova, o lanciarle di nuovo sulle case dei traditori, tutti preferirono mangiarsele…quella fu una delle maggiori dimostrazioni della portata dell’ipocrisia cubana, e delle conseguenze umilianti che aveva sul proprio popolo, ma non fu l’ultima.
Oggi il walzer dell’ipocrisia ha raggiunto livelli di inaudita sfacciataggine! Se ne vanno politici, funzionari della sicurezza, guardie del corpo dei fratelli Castro, e addirittura la figlia del Vice-Presidente del Consiglio di Stato.
Se ne vanno anche i giornalisti. Una delle ultime disertrici è infatti l’editorialista del Granma: Mairelys Cueva Gomez. Grazie al suo duro lavoro a fianco del Partito e del Sindacato, grazie alla sua linea dura a favore della Rivoluzione, alle sue svariate dimostrazioni a favore del regime, alla sua instancabile difesa del Governo Castro, alla foga con la quale incitava le lavoratrici ad aggredire le Dame di Bianco durante le loro sfilate, e alla sua manifesta e manifestata rivoluzionarietà (anche e soprattutto a spese dei colleghi che invece desideravano avere una vita più normale e meno ipocrita) si è guadagnata un viaggio di rappresentanza del Granma in Messico, a un convegno di giornalisti latinoamericani. Un paio di giorni dopo il suo arrivo in Messico, ha fatto perdere le proprie tracce e, con l’aiuto sicuro di una persona che chiaramente aveva contattato da tempo, ha attraversato il deserto e passato la frontiera degli Stati Uniti. Lì, appellandosi alla legge migratoria Ley de Ajuste che permette ai cubani di chiedere asilo negli Stati Uniti (sempre che si trovino su suolo statunitense), si è consegnata alle autorità migratorie. E pochi giorni dopo era già a passeggio per le vie della città nemica di Miami, piena di cubani, con il suo ragazzo cubano-americano (della cui esistenza nessuno al Granma sapeva nulla. Il Granma non avrebbe mai mandato lei in viaggio in Messico se avesse saputo che aveva una relazione sentimentale stabile con un ragazzo di Miami, visto che questo avrebbe aumentato le probabilità di diserzione).
Cosa dovremmo pensare di questa ragazza di 28 anni campionessa di ipocrisia? Che ha reso la vita dei suoi colleghi impossibile in nome di una presunta rivoluzionarietà, solo in vista della sua personalissima fuga?Il sistema l’ha obbligata a diventare così, o lei è un’opportunista di bassa lega che non merita la nostra solidarietà? Questa è stata la domanda che mi sono fatta centinaia e centinaia di volte a Cuba ogni volta che mi si è presentata una situazione simile (cosa che è successa spesso!) e alla quale non so ancora darmi una risposta…
Nelle elezioni che si terranno il 7 ottobre in Venezuela, la vera competizione tra Chavez e Capriles si gioca in realtà sul terreno del’immagine:
Magro, sportivo e istruito, Capriles è un brillante avvocato e politico esperto in diritto commerciale e tributario, uomo della semplificazione e della deburocratizzazione. Nipote di ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti, e fervente cattolico, ha studiato in Venezuela, Italia, Olanda e negli Stati Uniti e gode di un ampissimo appoggio da parte di tutta l’arena internazionale, soprattutto dell’America del Nord. I suoi elettori sono principalmente i piccoli e medi imprenditori e la classe media. Sono quelli che magari avevano votato per Chavez 13 anni fa, ma che poi hanno assistito alla vertiginosa impennata degli indici di criminalità. Quelli che erano d’accordo con le nazionalizzazioni, ma che poi sono andati a sbattere contro la corruzione e l’inefficienza statale. Quelli che non sopportano i sempre più frequenti black-out elettrici alla cubana in uno dei Paesi più ricchi in risorse naturali di tutto il mondo, ormai ammessi anche dallo stesso Chavez che fino ad ora aveva negato il problema.
Tale inefficienza include anche la mancanza di manutenzione alle infrastrutture e agli impianti di raffineria del Paese, ed ha provocato veri e propri disastri ecologici ed umani: 12 le esplosioni solo nel primo semestre del 2012, senza contare l’ultima avvenuta sabato notte che ha causato ben 39 morti. Il mal funzionamento delle raffinerie nazionalizzate ha anche portato alla diminuzione della produzione petrolifera, fatto grave in un paese il cui PIL è finanziato per il 60% dal petrolio.
Chavez, d’altra parte, sembra uno dei maiali appena uscito dal libro di George Orwell La Fattoria degli Animali. Ha incentrato tutto il potere dello Stato nelle proprie mani, per poi sistemare al suo interno tutti i membri della propria famiglia. Grossolano, ingombrante e volgare, sul profilo internazionale si è distinto per l’amicizia con vari dei più feroci dittatori mondiali tra cui Gheddafi e Ahmadinejad, senza citare, ovviamente, i fratelli Castro.
Chavez è anche un militare, e una porzione ancora sostanziosa dell’esercito è dalla sua parte, e sarebbe disposta a qualunque cosa pur di mantenerlo al potere (soprattutto visti i larghi privilegi che i militari godono sotto il Governo Chavez). I suoi elettori provengono, oltre che dall’esercito, dagli strati più poveri della società, gli indigeni soprattutto che lo votano in cambio di sovvenzioni statali e coupon in regalo per andare a fare la spesa nei supermercati nazionali. Ma riceve anche l’appoggio di molti giovani che credono nel sogno rivoluzionario.
Molti sondaggi danno Capriles in vantaggio, ma c’è un 30% di popolazione indecisa che, come sempre, sarà decisiva. Ci sono dei segnali che testimoniano la superiorità di Capriles. Per esempio il Presidente Colombiano Santos ha espresso il desiderio di voler conoscere il giovane avvocato invitandolo a Bogotà. E Chavez vittima poco tempo fa di una protesta popolare durante una delle sue famosissime trasmissioni, ha dovuto interrompere la diretta e mandare in onda immagini di repertorio. Si è comunque rifatto qualche giorno dopo interrompendo un messaggio televisivo di Capriles sui canali nazionali (o nazionalizzati), cosa che ha immediatamente causato lo sdegno del candidato di opposizione e dei suoi followers su Twitter.
La vera incognita di queste elezioni è però un’altra: come reagirebbe l’esercito a una non conferma di Chavez? Questa è la domanda che non solo noi, ma che il 30% dei Venezuelani indecisi si stanno ponendo. E’ chiaro che, se dovesse vincere la paura di una rivolta dell’esercito o della possibilità di uno scontro civile (cosa peraltro non nuova in Venezuela), allora la gente sarebbe più propensa a votare Chavez per evitare il conflitto.
Se invece Capriles riuscirà a rassicurare il popolo, e a garantirsi l’appoggio dei militari, allora si verificherà l‘evento politico più importante degli ultimi 15 anni: il Socialismo del XXI secolo arriverà al suo capolinea, e si inaugurerà una nuova era – speriamo più equilibrata e meno populista – in quello che ha tutte le caratteristiche per essere il Continente del futuro.